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Maturità 2019 Quale sarà l'autore con cui dovremo misurarci quest'anno nella seconda prova? Non possiamo dirlo con sicurezza perché non abbiamo la sfera di cristallo, ma proviamo ad indovinare lo stesso. Come primo autore proponiamo Cicerone Bisogna educare i bambini anche nel linguaggio
Quintiliano, Institutio oratoria 1. 1. 4-8
Ed ecco la traduzione letterale
Prima di tutto le nutrici non abbiano un linguaggio scorretto: Crisippo si augurò che esse (fossero), se fosse possibile (lett.: se potesse accadere), esperte di filosofia, certamente volle che venissero scelte le migliori, per quanto le circostanze lo permettessero. Certamente in queste è senza dubbio al primo posto la condotta morale (lett.: dei costumi), tuttavia, parlino anche correttamente. Prima di tutti il bambino ascolterà queste, di queste si sforzerà di riprodurre le parole imitandole. E noi siamo per natura attaccatissimi a quelle cose che abbiamo appreso nella prima infanzia (lett.: con animi infantili): come persiste il sapore di cui si impregnano (lett.: tu impregni) i recipienti nuovi, né si possono cancellare i colori delle lane dai quali è stato mutato quel primitivo colore bianco. E proprio quelle cose che sono peggiori rimangono impresse (lett.: attaccate) più tenacemente. Infatti le cose buone mutano facilmente in peggio: quando mai riuscirai a cambiare i difetti in virtù (lett.: in bene)? Non di abitui dunque, nemmeno mentre è un bimbo piccolo, ad un linguaggio che bisogna disimparare. Mi augurerei poi che nei genitori ci fosse quanto più possibile di cultura. E non parlo soltanto dei padri: infatti abbiamo appreso che all'eloquenza dei Gracchi molto contribuì la madre Cornelia il cui linguaggio molto colto è stato tramandato ai posteri in (alcune) lettere e si dice che Lelia, la figlia di Caio, riprodusse nel parlare l'eleganza paterna e l'orazione di Ortensia, figlia di Quinto, tenuta davanti ai triunviri si legge (ancora) non solo per omaggio al sesso (lett.: del sesso). E tuttavia, quelli a cui non è toccato in sorte di imparare essi stessi, non abbiano minore cura nell'istruire i figli, anzi, siano proprio per questo più attenti a tutte le altre cose.
Brano con contenuto analogo troviamo in Platone, Protagora 325c-326a
Cominciando dalla tenera età (lett.: da bambini piccoli) e per tutta la vita
(lett.: fino a quando vivono) (i genitori) ammaestrano e ammoniscono (i figli).
Non appena uno capisca le cose che sono dette, la nutrice, la madre, il pedagogo
e lo stesso padre gareggiano intorno a lui perché il fanciullo sia il migliore
possibile, insegnandogli e mostrandogli per ogni azione e discorso, che questo è
giusto e quello ingiusto, che questo è bello e quello è brutto, che questo è
santo e quello è empio e che alcune cose deve farle altre no (lett.: fa’ alcune
cose, altre non farle). E se obbedirà volentieri, (sarà bene); se no, come un
legno contorto e curvo lo raddrizzano con minacce e botte. In seguito (lett.:
dopo queste cose) mandandoli dai maestri (lett.: alla (casa) dei maestri)
ordinano (loro) di prendersi cura della buona condotta dei fanciulli molto più
che delle lettere e della cetra; e i maestri si preoccupano soprattutto di
queste cose e quando poi (i ragazzi) abbiano imparato le lettere e incomincino a
capire le cose scritte come un tempo la voce, pongono loro innanzi, sugli
scanni, da leggere i componimenti dei buoni poeti e li costringono a impararli a
memoria, (componimenti) nei quali si trovano molti ammaestramenti e molti
racconti e lodi ed encomi di antichi uomini virtuosi, affinchè il ragazzo
emulandoli (li) imiti e aspiri a diventare come loro (lett.: a diventare tale).
a Cicerone 1 e a Seneca
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