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Maturità 2019

Quale sarà l'autore con cui dovremo misurarci quest'anno nella seconda prova?

Non possiamo dirlo con sicurezza perché non abbiamo la sfera di cristallo, ma proviamo ad indovinare lo stesso.

Come primo autore proponiamo Cicerone

Bisogna educare i bambini anche nel linguaggio

Ante omnia ne sit vitiosus sermo nutricibus: quas, si fieri posset, sapientes Chrysippus optavit, certe quantum res pateretur optimas eligi voluit. Et morum quidem in his haud dubie prior ratio est, recte tamen etiam loquantur. Has primum audiet puer, harum verba effingere imitando conabitur, et natura tenacissimi sumus eorum quae rudibus animis percepimus: ut sapor quo nova inbuas durat, nec lanarum colores quibus simplex ille candor mutatus est elui possunt. Et haec ipsa magis pertinaciter haerent quae deteriora sunt. Nam bona facile mutantur in peius: quando in bonum verteris vitia? Non adsuescat ergo, ne dum infans quidem est, sermoni qui dediscendus sit. In parentibus vero quam plurimum esse eruditionis optaverim. Nec de patribus tantum loquor: nam Gracchorum eloquentiae multum contulisse accepimus Corneliam matrem, cuius doctissimus sermo in posteros quoque est epistulis traditus, et Laelia C. filia reddidisse in loquendo paternam elegantiam dicitur, et Hortensiae Q. filiae oratio apud triumviros habita legitur non tantum in sexus honorem. Nec tamen ii quibus discere ipsis non contigit minorem  curam docendi liberos habeant, sed sint propter hoc ipsum ad cetera magis diligentes.

Quintiliano, Institutio oratoria 1. 1. 4-8

 

 

Ed ecco la traduzione letterale

 

                                                             

Prima di tutto le nutrici non abbiano un linguaggio scorretto: Crisippo si augurò che esse (fossero), se fosse possibile (lett.: se potesse accadere), esperte di filosofia, certamente volle che venissero scelte le migliori, per quanto le circostanze lo permettessero. Certamente in queste è senza dubbio al primo posto  la condotta morale (lett.: dei costumi), tuttavia, parlino anche correttamente. Prima di tutti il bambino ascolterà queste, di queste si sforzerà di riprodurre le parole imitandole. E noi siamo per natura attaccatissimi a quelle cose che abbiamo appreso nella prima infanzia (lett.: con animi infantili): come persiste il sapore di cui si impregnano (lett.: tu impregni) i recipienti nuovi, né si possono cancellare i colori delle lane dai quali è stato mutato quel primitivo colore bianco. E proprio quelle cose che sono peggiori rimangono impresse (lett.: attaccate) più tenacemente. Infatti le cose buone mutano facilmente in peggio: quando mai  riuscirai a cambiare i difetti in virtù (lett.: in bene)? Non di abitui dunque, nemmeno mentre è un bimbo piccolo, ad un linguaggio che bisogna disimparare. Mi augurerei poi che nei genitori ci fosse quanto più possibile di cultura. E non parlo soltanto dei padri: infatti abbiamo appreso che all'eloquenza dei Gracchi molto contribuì la madre Cornelia il cui linguaggio molto colto è stato tramandato ai posteri in (alcune) lettere e si dice che Lelia, la figlia di Caio, riprodusse nel parlare l'eleganza paterna e l'orazione di Ortensia, figlia di Quinto, tenuta davanti ai triunviri si legge (ancora) non solo per omaggio al sesso (lett.: del sesso). E tuttavia, quelli a cui non è toccato in sorte di imparare essi stessi, non abbiano minore cura nell'istruire i figli, anzi, siano proprio per questo più attenti a tutte le altre cose.

 

 

Brano con contenuto analogo troviamo in Platone, Protagora 325c-326a

 

Cominciando dalla tenera età (lett.: da bambini piccoli) e per tutta la vita (lett.: fino a quando vivono) (i genitori) ammaestrano e ammoniscono (i figli). Non appena uno capisca le cose che sono dette, la nutrice, la madre, il pedagogo e lo stesso padre gareggiano intorno a lui perché il fanciullo sia il migliore possibile, insegnandogli e mostrandogli per ogni azione e discorso, che questo è giusto e quello ingiusto, che questo è bello e quello è brutto, che questo è santo e quello è empio e che alcune cose deve farle altre no (lett.: fa’ alcune cose, altre non farle). E se obbedirà volentieri, (sarà bene); se no, come un legno contorto e curvo lo raddrizzano con minacce e botte. In seguito (lett.: dopo queste cose) mandandoli dai maestri (lett.: alla (casa) dei maestri) ordinano (loro) di prendersi cura della buona condotta dei fanciulli molto più che delle lettere e della cetra; e i maestri si preoccupano soprattutto di queste cose e quando poi (i ragazzi) abbiano imparato le lettere e incomincino a capire le cose scritte come un tempo la voce, pongono loro innanzi, sugli scanni, da leggere i componimenti dei buoni poeti e li costringono a impararli a memoria, (componimenti) nei quali si trovano molti ammaestramenti e molti racconti e lodi ed encomi di antichi uomini virtuosi, affinchè il ragazzo emulandoli (li) imiti e aspiri a diventare come loro (lett.: a diventare tale).

 

Vai anche a Quintiliano

a Cicerone

a Cicerone 1

e a Seneca


 

 

 

 

   

 

 

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