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IL ROMANZO GRECO

 

È un genere letterario nuovo, che nasce certamente nel periodo ellenistico, seppure non sia possibile precisare esattamente in quale secolo (forse il II a.C.?).

Si tratta di un fenomeno già in embrione nel periodo alessandrino (323-31 a.C.), ma che si manifesta in modo prepotente in quello imperiale (31 a.C.-529 d.C.) e si inserisce nel più ampio contesto dell’affermarsi di una letteratura "non ufficiale" (o para-letteratura) come reazione alla cultura di élite, troppo distante dai gusti e dalle aspettative della gente comune: in questa epoca prende infatti l’avvio una produzione "popolare" di larghissimo consumo, generalmente di modeste pretese artistiche (ma non mancano, specie in ambito latino, le opere di genio), sistematicamente ignorata dalla cultura ufficiale, la quale si rifiuterà di "canonizzare" questa produzione e financo di dare un nome al genere narrativo di maggiore successo di questo periodo: non a caso siamo costretti a ricorrere per esso alla denominazione, evidentemente impropria perché moderna, di "romanzo", e non a caso le origini di questo genere, ancorché di recente nascita, di straordinaria diffusione e destinato ad un impensabile successo nei secoli futuri, si perdono nel buio più assoluto.

Il nome "romanzo" risale al Medio Evo (XIII sec.) e designa le opere narrative di stile cavalleresco in lingua romanza (da cui il nome).

I Greci designavano questo genere con nomi vaghi ed imprecisi: diéghema Polibio; drama, dramatikòn, komodìa Fozio (IX d.C.); e ancora, in altre fonti, mythos, historìa, lògos. Ciò testimonia per lo meno un certo imbarazzo, se non una vera e propria confusione di idee, da parte dei letterati "seri".

Tale scarsa chiarezza si ripercuote inevitabilmente sulla nostra conoscenza del genere, che è da considerare assolutamente parziale e che dovrebbe indurre alla massima cautela nel formulare ipotesi e giudizi critici su un fenomeno di cui, allo stato attuale delle cose, ci sfuggono perfino i lineamenti essenziali. Troppo spesso, infatti, si tende a generalizzare, attribuendo al romanzo antico caratteristiche fisse e tòpoi narrativi che propriamente, come vedremo, sono da riferire ad un solo filone fra quelli a noi noti.

Quanto questo tipo di generalizzazione sia arbitrario, risulta intuitivamente chiaro se solo si prova ad applicarlo - fatte le debite proporzioni - al romanzo contemporaneo: nessuno considererebbe legittimo il tentativo di estrapolare da un unico filone odierno (ad esempio il cosiddetto "giallo") caratteristiche narrative valide per qualsiasi romanzo (magari Delitto e castigo di Dostoevskij!).

Questo dipende dalle caratteristiche di "forma aperta" (tanto sul versante formale quanto su quello contenutistico) tipiche del genere, che gli rimarranno per sempre proprie e ne decreteranno il successo nei secoli: esso, infatti, a differenza dei generi "chiusi" (epos, tragedia, etc.), può accogliere elementi, spunti, suggestioni e contenuti di qualsiasi natura. È dunque il meno selettivo dei generi per quanto riguarda forma e contenuto.

È pur vero che, a giudicare da quel che ci è dato intravedere del romanzo antico, la varietà degli stili e l’esigenza di creatività dovevano essere assai inferiori rispetto a quelle del romanzo moderno: ma l’esistenza di esperimenti genialmente "irregolari" come i due romanzi latini dovrebbe indurre quanto meno ad una maggiore prudenza nella valutazione complessiva del fenomeno.

 

Filoni narrativi

Pur nella relativa scarsità dei resti a nostra disposizione, è abbastanza evidente che la narrativa antica conosceva almeno tre differenti tipologie di "romanzi", corrispondenti a tre veri e propri filoni; e precisamente:

a) un filone avventuroso;

b) un filone erotico-avventuroso "casto", caratterizzato dall'assenza pressoché assoluta dell’elemento sessuale;

c) un filone erotico-avventuroso "scabroso", in cui l’elemento sessuale è presente o addirittura predominante.

Il solo filone che ci sia noto con una certa precisione è il secondo, che, esso sì, presenta caratteristiche fisse e ripetitive.

Tutto ciò che si dirà in seguito ha dunque valore solo in relazione a questo filone.

 

Origini e precedenti

Gli studiosi, almeno a partire dall'Ottocento, si sono sbizzarriti nella formulazione di ipotesi circa le origini di questo genere, ricercando un possibile archetipo delle numerose opere a noi note. Sarà bene precisare subito che tali ricerche sono approdate ad un nulla di fatto: gli elementi in nostro possesso non sono sufficienti ad avallare nessuna delle ipotesi proposte, ed anzi, i più recenti ritrovamenti papiracei ne hanno categoricamente smentite alcune.

Il problema nasce dal fatto che gli elementi costitutivi del genere (amori contrastati, peripezie, viaggi in terre lontane, etc.) non sono difficili da rintracciare in diversi altri generi o addirittura in opere precise, che costituiscono i precedenti del romanzo; ma ciò non significa che il romanzo sia da ricondurre ad uno di questi generi, ne costituisca per così dire la naturale evoluzione: tutti i romanzi a noi noti hanno caratteristiche peculiari e standardizzate, non riconducibili a nessun altro genere, che devono evidentemente avere la loro genesi in qualche momento storico preciso ed in qualche autore preciso, che, utilizzando il materiale di parecchi altri generi letterari, diede vita ad un genere consapevolmente nuovo e diverso.

Ora, per l'appunto, è impossibile identificare questo autore (o questi autori) ed il momento storico in cui ciò accadde: tutti i tentativi compiuti in tal senso si sono rivelati fallimentari, o comunque non hanno convinto del tutto, per la loro eccessiva unilateralità. Questo fatto può risultare sorprendente, se si pensa che il romanzo è il genere più recente della letteratura greca, ma è probabilmente spiegabile con il già citato silenzio della cultura "ufficiale" greca e latina a proposito del romanzo, indizio di un atteggiamento snobistico, quando non di assoluto rifiuto, nei confronti di prodotti letterari giudicati popolari e scadenti.

Ciò su cui tutti i critici concordano, come si diceva, è il fatto che si tratta necessariamente di un genere ellenistico (posteriore cioè alla morte di Alessandro Magno, 323 a.C.): i vari temi epici, tragici, storico-biografici in esso presenti sono infatti rivissuti alla luce dell'individualismo tipico dell'epoca, ed in una chiave inequivocabilmente "privata", inconcepibile nel periodo della pòlis.

Ciò non ostante, per dovere di informazione, si riportano qui di seguito le cinque principali ipotesi formulate a proposito delle origini del genere.

 

Ipotesi sulle origini

  1. L'ipotesi di E. Rohde:  secondo lo studioso tedesco il romanzo greco sarebbe nato nel II secolo d.C. nell'ambito della Seconda Sofistica, e sarebbe fiorito fino al VI secolo d.C.

    La pratica delle declamationes su casi fittizi avrebbe portato alla fusione ed alla rielaborazione, da parte dei retori, di racconti di viaggi ed elegie erotiche di tipo alessandrino, da cui discenderebbero i due elementi costitutivi del romanzo greco: quello avventuroso e quello erotico.  

    Questa teoria è sicuramente da respingere per motivi quanto meno cronologici: gli ultimi ritrovamenti papiracei hanno riportato alla luce romanzi ben anteriori al II secolo d.C. e quindi alla Seconda Sofistica.

  2. L'ipotesi di C. Lavagnini: il romanzo greco deriverebbe dalla rielaborazione di leggende locali, sulla falsariga degli esperimenti già compiuti da Callimaco (cfr. la novella di Aconzio e Cidippe negli Àitia), ma con minori pretese stilistiche, e destinata perciò ad un pubblico meno colto.

    Questa ipotesi ha il difetto di non tenere conto della differente natura del romanzo e della novella: oggi nessun critico è più disposto a credere che il romanzo sia l'evoluzione di un qualsivoglia genere narrativo breve.

     

  3. L'ipotesi di K. Kerényi: si tratta della teoria a tutt'oggi più convincente ed interessante.

    Alle origini del romanzo greco starebbe il culto di Iside: più precisamente, esso nascerebbe dalla rielaborazione delle storie sacre sulla coppia Iside-Osiride, assai simili alle peripezie dei protagonisti del romanzo. 

    L'ipotesi è affascinante, ma è stata giudicata troppo unilaterale per l'eccessiva enfasi posta sull'elemento religioso; oltre tutto non propone alcuna data di nascita precisa per il genere. 

    Tuttavia un fatto è incontestabile: il culto di Iside si diffonde al di fuori dell'Egitto proprio in epoca ellenistica, ed assume una straordinaria rilevanza in questo periodo; l'elemento della morte apparente dell'eroina, canonico dei romanzi d'amore e d'avventura, trova una singolare rispondenza nel culto della dèa (che, identificandosi con la luna, subisce diverse fasi di morte apparente e rinascita); inoltre l'accento tutto particolare posto dagli autori dei romanzi d'amore sulla castità e sulla verginità, elementi anch'essi tipici del culto di Iside, rappresenta un'assoluta novità nella letteratura greca e mal si spiega se non come conseguenza di una mutata sensibilità religiosa.

    E' forte, poi, la tentazione di considerare qualcosa di più di una semplice coincidenza la presenza, nelle "Metamorfosi" di Apuleio, di un significato allegorico connesso proprio con il culto di Iside.

     

  4. L'ipotesi di Merkelbach: riprende sostanzialmente quella del Kerényi dopo che questa era stata abbandonata, ma la porta alle estreme conseguenze: il romanzo greco altro non sarebbe che un testo sacro per iniziati, da leggere integralmente in chiave allegorica: esso racconterebbe in realtà le peripezie dell'anima per giungere alla perfezione.

  5. La teoria è parsa per lo meno azzardata, sebbene si attagli alla perfezione almeno ad un romanzo: quello di Apuleio.

  6. L'ipotesi di Q. Cataudella: egli in sostanza "rilancia" la tesi del Rohde, cercando di sanarne le contraddizioni cronologiche: il romanzo greco, a parere dello studioso, può senz'altro essere nato nell'ambiente delle scuole retoriche, ma non quelle della Seconda Sofistica: infatti la pratica delle declamationes non nasce con la Seconda Sofistica, bensì molto prima (cfr. Seneca il Vecchio, che raccoglie numerose di queste opere già nei primi anni del I sec. d.C.).

    Secondo il Cataudella, quindi, il romanzo evolverebbe dai progymnàsmata retorici, esercizi scolastici che consistevano nel libero svolgimento di temi storici, mitici o inventati.

    La teoria, pur aggirando gli scogli cronologici, è parsa criticabile e poco persuasiva: sembra davvero strano che una creatura vitale come il romanzo possa avere avuto un'origine così frigida ed artificiosa.

Negli ultimi tempi si è abbandonato il tentativo di risalire ad una origine precisa ed univoca: si pone piuttosto l'accento sui precedenti del genere, facilmente identificabili. Tuttavia è chiaro che non si tratta di un modo per risolvere il problema, ma solo di un'implicita ammissione di impotenza.

E' comunque interessante prendere in esame tali precedenti, che ci consentono di comprendere quali materiali letterari siano confluiti nel "bacino di riciclaggio" del romanzo antico.

 

I precedenti

Il romanzo è un immenso crogiuolo che fonde esperienze letterarie diverse, fra cui si riconoscono facilmente:

  • l'Odissea ed in generale tutti i racconti di viaggi favolosi propri della tradizione mediterranea. Essi hanno influito sia sull'intreccio del romanzo, ricchissimo di peripezie, sia sulla sua ambientazione esotica;

  • la tragedia, e quella di Euripide in particolare: non solo per la presenza di citazioni testuali di versi tratti da varie tragedie, ma anche per il tono melodrammatico di certe "tirate" di eroi ed eroine in difficoltà; il precedente euripideo, filtrato attraverso Menandro, è particolarmente avvertibile nella predilezione per situazioni sentimentali (è di qui che deriva l'elemento erotico tipico del genere), nell'importanza accordata alla Tyche, nelle peripezie a lieto fine, caratteristiche appunto dei drammi della Tyche (cioè Elena, Ione e Ifigenia Taurica; vicina allo spirito "borghese" del romanzo è pure l'Elettra);

  • la "commedia Nèa" (= Nuova), e particolarmente quella di Menandro: alcuni romanzi sembrano addirittura la traduzione in termini narrativi di certe commedie menandree (si pensi alla Sàmia); assolutamente menandreo è poi il perbenismo dell'insieme, l'imborghesimento dei caratteri, il linguaggio atto a non urtare il "senso del decoro" del pubblico (il fenomeno va sotto il nome di "giustizia poetica"). Non si dimentichi, poi, che anche in Menandro la Tyche ha grande importanza;

  • non manca peraltro chi ravvisa nel romanzo anche un influsso della "commedia Archàia" (= Antica) di Aristofane, in certe soluzioni fantastiche e nei rapidi mutamenti di scena;

  • la storiografia ellenistica di stampo "romanzesco" e "tragico" (Clitarco, Filarco, Dùride), specie quella imperniata intorno alla figura di Alessandro Magno, che si presta bene a giustificare la presenza dell'elemento avventuroso e dei viaggi in terre lontane.

    Proprio questo, a parere di Luciano Canfora, rappresenta il precedente più immediato e significativo del romanzo greco, tanto da indurre lo studioso ad ipotizzare che esso ne costituisca l'elemento genetico (tuttavia tale ipotesi mal si presta a spiegare la presenza dei numerosi tòpoi ricorrenti nel romanzo erotico-avventuroso, dei quali si dirà in seguito). In effetti la storiografia "patetica" è caratterizzata proprio dall'irruzione del "privato" nei fatti storici, un fenomeno da cui si dicono infastiditi storici come Polibio e perfino retori come Luciano;

     

  • la biografia: è evidente la parentela del romanzo con le c.d. "vite esemplari" (cristiane e non);

  • la "Ciropedia" e l' "Anabasi" di Senofonte, opere entrambe in cui è assai forte il colorito romanzesco (la prima è una vera e propria biografia romanzata, la seconda viene espressamente riecheggiata da alcuni romanzieri);

  • l'oratoria (epidittica e giudiziaria), da cui deriva il gusto per il dibattito ed il modo di strutturarlo e per l'encomio funebre, ingredienti tipici dei romanzi greci.

Può risultare sorprendente che invece, secondo la maggior parte degli studiosi, la novella sia da escludere anche come precedente: come si accennava sopra, alla luce dei recenti studi narratologici essa risulta essere geneticamente e strutturalmente diversa dal romanzo: evolve infatti da origini orali ed è per sua natura un genere "chiuso", come tutte le "short stories", mentre il romanzo nasce quasi certamente scritto ed è  - lo ripetiamo - una forma "aperta".

Perciò, a detta dei più, sul romanzo greco non avrebbero influito le celebri e licenziose "Storie milesie" di Aristìde di Mileto (II a.C.) (clicca qui per ulteriori notizie sul genere della "fabula milesia" e clicca qui se vuoi leggerne una di Petronio, "La matrona di Efeso"), che eserciteranno invece una potente suggestione sul romanzo latino (clicca qui per accedere alla scheda sul Satyricon di Petronio).

Occorre però tener presente che di recente sono stati scoperti frammenti di romanzi erotici greci caratterizzati da una forte componente sessuale, come quelli latini, cioè appartenenti ad un filone decisamente diverso da quello dei romanzi d'amore e d’avventura a noi finora noti: romanzi scabrosi, insomma, se non addirittura pornografici, sui quali il genere della milesia potrebbe avere influito vistosamente, e che potrebbero costituire appunto l'antecedente del Satyricon petroniano.

Lo stato delle nostre conoscenze in tale settore è però così precario da imporre la massima cautela.

 

Caratteristiche narrative

Nel caso specifico del romanzo greco d'amore e d'avventura, come si diceva, la creatività è scarsa, e forte la tendenza alla ripetizione di situazioni-tipo: gli ingredienti sono sempre più o meno gli stessi, rimescolati in varie combinazioni, secondo il principio del caleidoscopio. Questo fa sì che se ne possano elencare alcuni elementi fissi e costanti, le c.d. "costanti del genere" o tòpoi:

  • età, caratteristiche fisiche ed estrazione sociale dei protagonisti: sempre giovanissimi (poco più che bambini), bellissimi, biondi, simili a dèi; di solito sono di rango sociale elevato;

  • tipo di innamoramento e di amore: nel romanzo greco - salvo rare eccezioni - ci s'innamora sempre al primo sguardo ("colpo di fulmine"), ed il sentimento è sempre nobile, appassionato ed assolutamente casto. Esiste qualche "strappo alla regola", ma solo maschile, e comunque l'unica vera trasgressione è quella di Clitofonte in "Leucippe e Clitofonte" di Achille Tazio, forse il più dotato ed originale fra i romanzieri greci a noi noti: non si può considerare un tradimento, infatti, quello di Dafni in "Dafni e Cloe" di Longo Sofista, perché il poveretto viene sedotto da una ragazza più grande di lui senza neppure sapere che cosa fa;

  • psicologia dei protagonisti: sono di nobile ed alto sentire, leali, generosi ed onesti; i "cattivi", di solito, si pentono. La caratterizzazione psicologica è quindi per lo più prevedibile, piatta ed approssimativa;

  • ambientazione: di preferenza varia ed esotica, a volte in terre favolose; talvolta è indicata con precisione l'epoca storica;

  • linguaggio dei personaggi: tipico per la sua ricercata leziosità, si sforza di apparire semplice, ma è infarcito di citazioni letterarie e fa grande sfoggio di mezzi retorici (si ricordi la irresistibile parodia petroniana di questo tipo di linguaggio, messo in bocca all’ "eroino" Gìtone). Tende al patetico ed al melodrammatico e rifugge accuratamente da ogni volgarità. Il pensiero corre alla inverosimiglianza dei dialoghi delle soap operas, in cui tutti i personaggi si esprimono in un caratteristico modo che è nel contempo stereotipo ed innaturale, banale e ricercato. Come il linguaggio delle soap, o quello dei film dei cosiddetti "telefoni bianchi", o quello delle pubblicità televisive natalizie, così il modo in cui si esprimono i personaggi del romanzo greco presuppone nel fruitore una totale mancanza di spirito critico, una attitudine morale infantile e bamboleggiante ("femminile" nel senso deteriore del termine). Nella sostanza sortisce un effetto di comicità assolutamente involontaria e provoca un senso di rigetto e di irritazione nel lettore non ingenuo, che si sente chiamato ad essere complice di una mistificazione. Fa eccezione, in parte, "Leucippe e Clitofonte" di Achille Tazio, che si configura come un pastiche ludico, con forti connotazioni metaletterarie, in cui l’atteggiamento dell’autore appare a tratti ambivalente, oscillante fra la condivisione delle norme proprie del genere ed il distacco ironico da esse;

  • struttura narrativa: è del tipo "a superamento di ostacoli" (mentre la struttura del Satyricon è labirintica, "a trappole"): all'inizio il sogno d'amore dei protagonisti viene contrastato da qualcuno e reso impossibile; ne seguono avventure e peripezie varie (tipici i rapimenti, i naufragi, i tentativi di violenza carnale, l'intervento dei pirati, la morte apparente dell'eroina); naturalmente il lieto fine è assicurato: i due si ricongiungeranno e potranno finalmente coronare il loro sogno d'amore. Lo schema narrativo non è molto diverso da quello descritto da Vladimir Propp per un altro genere scarsamente creativo, la fiaba di magia (da un danneggiamento o mancanza iniziali, attraverso peripezie intermedie, all'inevitabile scioglimento finale positivo, per lo più coincidente con un matrimonio). Né, d'altra parte, è troppo dissimile da quello de "I promessi sposi", ad ulteriore dimostrazione del fatto che anche su un impianto narrativo di base stereotipo è possibile innestare soluzioni narrative geniali. E' questo il caso dei due romanzi latini, il Satyricon di Petronio e le Metamorfosi di Apuleio, la cui statura artistica è incomparabile con quella dei romanzi greci a noi noti.

 

La destinazione del romanzo greco

A che tipo di pubblico era rivolto un genere letterario dotato di queste caratteristiche? Anche su questo la critica è in disaccordo.

La sua natura para-letteraria sembrerebbe infatti indirizzarlo verso larghi strati popolari (genere "di consumo"): ma questa destinazione mal si accorda con il tono di fondo, fortemente letterario, e con lo sfoggio di erudizione e di retorica, che presuppongono un pubblico in grado di apprezzarne le caratteristiche cólte; si potrebbe pensare ad una media borghesia con pretese di cultura e gusti artistici poco sofisticati, che conoscesse molto bene per lo meno Omero ed i tragici.

Nel complesso si tratta per lo più di opere di evasione, che nascono forse dall'esigenza di trasfigurare in senso magico e favoloso una realtà divenuta, in seguito alla caduta dei valori connessi con la pòlis greca, troppo "comune" e meschina: il viaggio, elemento onnipresente del genere, può essere assunto a simbolo stesso di questa volontà di evasione.

Tutto ciò richiama alla mente fenomeni attuali, come l'interesse della piccola borghesia per il "bel mondo" dei rotocalchi scandalistici o la partecipazione emotiva delle casalinghe frustrate alle vicende dei serials televisivi. Siamo agli antipodi dell'epos, che rifletteva invece uno stile di vita.

I romanzi greci dànno perciò l'impressione di proporre se stessi come alternativa alla vita: "letteratura di evasione nel nulla" (Scarcella).

Proponiamo infine l'elenco dei romanzi antichi (greci e latini) a noi noti.

 

I ROMANZI GRECI A NOI NOTI

Legenda:

  • Il grassetto segnala i pochi romanzi superstiti; in mancanza di altre indicazioni, gli altri sono completamente perduti o noti solo attraverso sporadici frammenti.

  • La sottolineatura, invece, indica i romanzi più importanti, perduti o meno.

  • Gli autori sono riportati in ordine cronologico.

 

      Autore

 

             Titolo 

Epoca

Pseudo-Callìstene

Romanzo di Alessandro

(ne possediamo anche traduzioni in varie lingue)

II a.C.?

Iambùlo siriano

(romanzo di avventure; epitomato da Diodoro Siculo)

II a.C.

?

Romanzo di Nino (frammenti)

II-I a.C.

Caritòne di Afrodisia

Le avventure di Chèrea e Callìroe, 8 libri

I a.C.-I d.C.

?

Romanzo di Metìoco e Partènope

I a.C.-I d.C.

?

Romanzo di Ditti (solo un frammento; noto però nella versione latina)

I d.C.

?

Romanzo di Darète (noto nella versione latina)

I d.C.

Antonio Diogene

Le meraviglie di là da Thule (celeberrimo al suo tempo, riassunto dal patriarca Fozio, IX d.C., nella sua "Biblioteca", e dal neoplatonico Porfirio; ne sopravvive un frammento)

I-II d.C.

Lolliano di Efeso

Storie fenicie (frammenti: raro esempio di romanzo greco scabroso!)

I d.C.

Senofonte Efesio

Racconti efèsii di Anzia ed Abròcome (detti anche "Efesìache"), 5 libri (probabilmente compendio di un'edizione in 10 libri)

II d.C.

Giamblìco Siriano

Storie babilonesi (riassunto da Fozio nella sua "Biblioteca"),16 libri 

II d.C.

Achille Tazio (Alessandria?)

Leucippe e Clitofonte, 8 libri

II d.C.

Lucio di Patre (?)

Le metamorfosi (archètipo dell'omonima opera di Apuleio e/o di "Lucio o l'asino"?)

II d.C.?

Pseudo-Luciano

Lucio o l'asino, 1 libro (la trama, pur più succinta, è la stessa delle Metamorfosi di Apuleio; altro romanzo decisamente scabroso)

II d.C.

Luciano di Samòsata

 

Storia vera, 2 libri (romanzo d'avventura "fantascientifico", probabile parodia de Le meraviglie di là da Thule di Antonio Diogene) 

II d.C.

?

originale greco della "Storia di Apollonio re di Tiro" (che conosciamo in latino)

II d.C.?

Longo Sofista (Lesbo?)

Avventure pastorali di Dafni e Cloe, 4 libri

II-III d.C.

Eliodòro di Emèsa (Siria)

Storie etiopiche di Teàgene e Cariclèa (note anche come "Etiopiche"), 10 libri

III-IV d.C.

 

I ROMANZI LATINI A NOI NOTI

Petronio "Arbitro"  

Satyricon, in almeno 16 libri (conosciamo per intero il 15°, parte del 14° e del 16°)

I d.C.

Apuleio di Madauro  

Le metamorfosi o L'asino d'oro,11 libri

II d.C.

?

Storia di Apollonio re di Tiro,1 libro (traduzione di un originale greco perduto) 

III d.C.?

IV d.C.?

VI d.C.?

 

N.B.: Per molte delle informazioni sopra riportate siamo debitori della Storia della letteratura greca di A. Scarcella, ed. Signorelli Roma.

 

 

 

                    

                               

                                

                                

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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