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Prima di tutto il futuro oratore, che deve vivere in (mezzo a) una grandissima folla e sotto gli sguardi di tutti nella vita pubblica1, si abitui fin da bambino a non aver soggezione della gente2 e a non diventare pallido, per così dire, all'ombra di una vita solitaria3. Bisogna sempre spronare ed innalzare la mente, che in una solitudine di quel genere o langue e tende ad ammuffire4, come (tutto ciò che si trova) al buio, o al contrario si gonfia di una vuota presunzione: è inevitabile infatti che attribuisca troppo a se stesso colui che non si confronta con nessuno. Poi, quando deve5 portare in pubblico i propri studi, gli si annebbia la vista in piena luce e inciampa in situazioni tutte nuove (per lui), dal momento che6 ha imparato da solo quello che si deve fare in mezzo a molti. Tralascio le amicizie che durano indissolubilmente fino alla vecchiaia, fondate su7 un vincolo quasi religioso: infatti essere iniziati agli stessi riti sacri non è (vincolo) più santo che (essere iniziati) agli (stessi) studi. (Ma) quello stesso senso cosiddetto8 comune, dove (lo) imparerà, se9 si sarà appartato dalla vita associata, che è naturale non solo per gli uomini, ma anche per gli animali muti? Aggiungi il fatto che a casa può imparare solo quelle cose che verranno insegnate a lui personalmente, (mentre) a scuola (può imparare) anche (quelle cose) che (verranno insegnate) ad altri. Sentirà approvare10 ogni giorno molte cose, molte correggere11, (gli) gioverà il rimprovero della pigrizia di qualche compagno, (gli) gioverà l'elogio dello zelo (di qualcun altro)12, lo spirito di emulazione sarà suscitato (in lui) dalla lode, reputerà vergognoso essere da meno di uno pari (a lui), (reputerà) bello aver superato quelli più bravi (di lui). Tutti questi (stimoli) accendono gli animi, e sebbene l'ambizione sia di per sé un difetto, tuttavia spesso è motivo di virtù.