Tito, “amore e delizia del genere umano”- Eutropio

 

A costui (= Vespasiano) succedette il figlio Tito, che fu chiamato anch’egli Vespasiano, uomo straordinario per ogni genere di virtù1, al punto che veniva chiamato amore e delizia del genere umano, molto eloquente, abile guerriero2, molto equilibrato. Trattò cause in latino, compose poemi e tragedie in greco. Nell’assedio di Gerusalemme, prestando il servizio militare sotto il padre, trafisse dodici nemici con dodici frecce3. A Roma, durante il (suo) impero, fu di tanta mitezza che non punì assolutamente nessuno, lasciò andare i colpevoli di una congiura contro di lui, anzi li considerò amici come prima4. Fu di tanta indulgenza e generosità che, non negando nulla a nessuno ed essendo rimproverato dagli amici, rispose che nessuno doveva allontanarsi triste dall’imperatore; inoltre, essendosi un giorno ricordato durante la cena che in quel giorno non aveva fatto nulla per nessuno, disse: “Amici, oggi ho sprecato un giorno”. Costui a Roma fece costruire un anfiteatro e fece uccidere cinquemila fiere nell’inaugurazione. Amato di non comune amore per (tutti) questi motivi, morì di malattia in quella villa in cui (era morto) il padre, due anni, otto mesi (e) venti giorni dopo che era diventato imperatore, a quarantadue anni d’età.


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Nota 1
per il genere di tutte le virtù;

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Nota 2
bellicosissimo;

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Nota 3
dodici difensori con dodici colpi di frecce
;

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Nota
4
li tenne nella medesima amicizia in cui (li aveva tenuti) prima.

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