Nel Circo Massimo c’erano molte bestie feroci, e tutte avevano una prestanza o una ferocia mai viste1. Ma più di ogni altra cosa2 fu (motivo) di ammirazione la smisurata grandezza dei leoni, e più di tutti gli altri (leoni) uno (in particolare). Quel solo leone, per l’irruenza e per la stazza del corpo, per il ruggito terrificante e potente, per i muscoli e per la criniera ondeggiante3, aveva attirato su di sé l’attenzione e gli sguardi di tutti. Era stato introdotto tra parecchi altri, destinato al combattimento con le bestie4, il servo di un uomo (di rango) consolare; quel servo si chiamava Androclo5. Quel leone, quando vide costui da lontano, all’improvviso rimase fermo, quasi meravigliato, e poi a poco a poco e con calma si avvicinò all’uomo come cercando di riconoscerlo. Poi incomincia a muovere6 la coda tranquillamente e docilmente, come i7 cani che fanno le feste, a strofinarsi8 contro il corpo dell’uomo e a leccare9 dolcemente con la lingua le gambe e le mani di lui, già quasi mezzo morto dalla paura. L’uomo, Androclo, tra le effusioni di quella10 belva tanto terribile, recupera il coraggio perduto, a poco a poco volge gli occhi per osservare il leone. Allora, come se si fossero riconosciuti a vicenda11, l’uomo ed il leone furono visti da tutti scambiarsi, felici, effusioni d’affetto12.