Il metodo per tradurre una versione


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Riassumiamo prima di tutto i punti del metodo e quindi applichiamoli uno ad uno:


Non toccare il vocabolario e leggi attentamente il titolo del brano

Un padre eccezionalmente severo K

Tito Manlio Torquato, ispirando la propria condotta all'inflessibile rigore degli antiqui mores, non solo infligge al proprio figlio, colpevole di concussione, un castigo esemplare, ma si rifiuta addirittura di presenziare alle sue esequie.

Il brano è di media difficoltà (segnalata convenzionalmente con il simbolo K).

Come sai, prima di tutto occorre leggere il titolo, l'eventuale contestualizzazione e l'indicazione dell'autore e dell'opera da cui è tratto il passo.

In questo caso il sottotitolo ti aiuta moltissimo; tuttavia, anche solo leggendo il titolo, che allude ad un esempio di eccezionale severità paterna, potresti facilmente dedurne che il brano tratta di un figlio che ha in qualche modo disobbedito al padre, e che, in conseguenza di ciò, ha subìto un terribile castigo.

Potresti invece essere poco informato sull'autore, Valerio Massimo, e sulla sua opera, Factorum et dictorum memorabilium libri IX, una raccolta di exempla: tutto questo, infatti, fa parte del programma di letteratura dell'ultimo anno.


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Leggi attentamente un paio di volte il brano

Cum ad senatum Macedonia de filio eius D. Silano, qui eam provinciam obtinuerat, querellas per legatos detulisset, Titus Manlius Torquatus a patribus conscriptis petiit ne quid ante de ea re statuerent quam ipse Macedonum filiique sui causam inspexisset. Summo deinde cum amplissimi ordinis tum etiam eorum, qui questum venerant, consensu cognitione suscepta domi consedit solusque utrique parti per totum biduum vacavit ac tertio plenissime die diligentissimeque auditis testibus ita pronuntiavit: "Cum Silanum filium meum pecunias a sociis accepisse probatum mihi sit, et re publica eum et domo mea indignum iudico protinusque e conspectu meo abire iubeo". Tam tristi patris sententia perculsus Silanus lucem ulterius intueri non sustinuit suspendioque se proxima nocte consumpsit. Peregerat iam Torquatus severi et religiosi iudicis partis, satisfactum erat rei publicae, habebat ultionem Macedonia, potuit tam verecundo fili obitu patris inflecti rigor: at ille neque exequiis adulescentis interfuit et, cum maxime funus eius duceretur, consulere se volentibus vacuas aures accommodavit.

Valerio Massimo, Fact. et dict. 5. 8. 3

Per quanto mediocre possa essere la tua conoscenza della lingua latina, in un brano del genere dovresti riuscire ad orientarti almeno a grandi linee. Prova a seguire questi semplici suggerimenti: rintraccia nel testo le espressioni-guida (cioè soprattutto quelle che alludono a personaggi, luoghi, situazioni) ed in generale i vocaboli di cui conosci già il significato, e cerca di ricavarne una sorta di abbozzo schematico, così da farti un'idea approssimativa del quadro generale e da non dover procedere alla cieca. Immagina di dover risolvere un cruciverba difficile, in cui identificare e posizionare correttamente i primi vocaboli è fondamentale per determinare i successivi incroci; oppure, se preferisci, supponi di avere a che fare con un puzzle, dove, se si dispongono bene i primi pezzi, diventa sempre più facile costruire l'immagine completa. Alla stessa stregua, chi traduce non deve mai limitarsi a tener d'occhio il singolo dettaglio, ma osservare anche e soprattutto il quadro complessivo che man mano si viene delineando.

Non fidarti, però, delle parole latine che "assomigliano" a quelle italiane! Sono molto spesso dei "falsi amici", che potrebbero metterti completamente fuori strada.

La lettura del testo conferma le nostre precedenti supposizioni: già nella prima riga si nominano un padre ed un figlio (con i rispettivi nomi propri: Tito Manlio Torquato e Decimo Silano); uno dei due ha evidentemente a che fare con i Macedoni (Macedonia/Macedonum). E' nominato pure il senato (senatum, patribus conscriptis). Ha luogo un processo (causam, testibus), in cui però la decisione finale sul conto del figlio sembra spettare al padre (solus), che giudica il giovane indegno della patria e della propria casa (et re publica eum et domo mea indignum iudico). Si comprende quindi che il figlio muore, poiché si allude al suo funerale (exequiis filii adulescentis, funus eius) e all'atteggiamento tenuto dal padre in occasione di esso. Il senso generale, dunque, non è difficile da cogliere.


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Suddividi il brano in periodi

Facendo uso di barre suddividi il brano in periodi, così come riportato nel testo qui sopra. Ricordati che ognin periodo è sempre racchiuso all'interno di due punti fermi: punto, punto e virgola, due punti, punto interrogativo, punto esclamativo. Rimane esclusa la virgola.

Cum ad senatum Macedonia de filio eius D. Silano, qui eam provinciam obtinuerat, querellas per legatos detulisset, Titus Manlius Torquatus a patribus conscriptis petiit ne quid ante de ea re statuerent quam ipse Macedonum filiique sui causam inspexisset. || Summo deinde cum amplissimi ordinis tum etiam eorum, qui questum venerant, consensu cognitione suscepta domi consedit solusque utrique parti per totum biduum vacavit ac tertio plenissime die diligentissimeque auditis testibus ita pronuntiavit: || "Cum Silanum filium meum pecunias a sociis accepisse probatum mihi sit, et re publica eum et domo mea indignum iudico protinusque e conspectu meo abire iubeo". || Tam tristi patris sententia perculsus Silanus lucem ulterius intueri non sustinuit suspendioque se proxima nocte consumpsit. || Peregerat iam Torquatus severi et religiosi iudicis partis, satisfactum erat rei publicae, habebat ultionem Macedonia, potuit tam verecundo fili obitu patris inflecti rigor: || at ille neque exequiis adulescentis interfuit et, cum maxime funus eius duceretur, consulere se volentibus vacuas aures accommodavit.

Dopo aver separato i periodi con una barra iniziamo l'analisi della struttura prendendo in esame un periodo alla volta.


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Primo periodo - struttura:
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Cum ad senatum Macedonia de filio eius D. Silano, qui eam provinciam obtinuerat, querellas per legatos detulisset, Titus Manlius Torquatus a patribus conscriptis petiit ne quid ante de ea re statuerent quam ipse Macedonum filiique sui causam inspexisset.

Come vedi, abbiamo sottolineato la principale, evidenziando gli introduttori in grassetto e i verbi di modo finito in grassetto corsivo. I verbi di modo indefinito (qui assenti) saranno evidenziati in corsivo.
I verbi sono cinque, tutti, come si diceva, di modo finito (obtinuerat, detulisset, petiit, statuerent, inspexisset).
Gli introduttori sono quattro (cum, qui, ne, antequam: quest'ultimo ha subìto una tmesi, ossia appare spezzato in due tronconi: ante... quam), il che significa che siamo sulla strada giusta: infatti la principale non ha introduttore.
Il nostro periodo è dunque formato da cinque proposizioni esplicite.

Potrebbe sorgerti il dubbio che anche quid (di ne quid ante de ea re statuerent) sia un introduttore, per la precisione un pronome interrogativo; ma se lo contassi come tale, qualcosa non funzionerebbe: se su cinque frasi ci fossero cinque introduttori, dove mai sarebbe la principale? Dovresti inoltre ricordarti una regola che dice che, dopo alcune particelle, fra cui proprio ne, aliquis/aliquid è sostituito dal semplice quis/quid (come si suol dire, con un'espressione molto alla buona, "perde le ali"). Si tratta dunque di un pronome indefinito, che non è un introduttore.
Un altro dubbio potrebbe sorgerti in relazione al -que di filiique sui causam: con un minimo di attenzione, però, puoi accorgerti che questa congiunzione lega fra di loro due sostantivi al genitivo, Macedonum e filii, per cui non conta (vedi punto 5a della scheda di metodo dettagliata).

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Primo periodo - analisi:
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Partendo dal primo periodo, individua facendo uso delle parentesi tutte le frasi che lo compongono, quindi parti ad analizzarne una ad una. Qui noi abbiamo colorato le frasi anzichè numerarle, se lo trovi utile lo puoi fare anche tu con una matita colorata o un evidenziatore.

[ Cum ad senatum Macedonia de filio eius D. Silano, ( qui eam provinciam obtinuerat ) , querellas per legatos detulisset ] , Titus Manlius Torquatus a patribus conscriptis petiit ( ne quid ante de ea re statuerent ) ( quam ipse Macedonum filiique sui causam inspexisset )

Come puoi notare, alcune frasi del periodo sono del tipo "intrecciato": infatti, dopo l'introduttore cum, non trovi subito il suo verbo, ma un secondo introduttore, il pronome relativo qui: questo ci costringe ad aprire una parentesi quadra e successivamente una tonda, per poi chiudere, come esigono le leggi della matematica, prima la tonda (con obtinuerat) e poi la quadra (con detulisset). Quindi la frase contrassegnata dalla quadra appare spezzata in due tronconi, perché è interrotta dalla parentesi tonda ed evidenziata in rosso.

Esaminiamo ora dettagliatamente le singole proposizioni che costituiscono il periodo:


Proposizione n. 1

[ Cum ad senatum Macedonia de filio eius D. Silano, ( qui eam provinciam obtinuerat ) , querellas per legatos detulisset ] ,


La proposizione cum... detulisset, che appare spezzata in due tronconi, è un classico "cum narrativo" (vedi l'apposita scheda); esso, come dovresti ricordare, ha valore causale-temporale, e dunque non ha un esatto equivalente in italiano: si suggerisce perciò di solito di tradurlo in un primo momento con il gerundio (semplice se il congiuntivo è presente o imperfetto; composto se il congiuntivo è perfetto o piuccheperfetto); in seguito si cercherà di svolgere il gerundio con una proposizione causale o temporale adeguata al contesto. In questo caso il tempo è il piuccheperfetto: ciò significa che c'è anteriorità rispetto alla principale, e che il nostro gerundio dovrà essere composto ("avendo riportato").

La persona è la terza singolare: occorre dunque rintracciare un nominativo singolare che possa fungere da soggetto; troviamo soltanto Macedonia. E' ben difficile, però, che uno Stato possa compiere un'azione! Si tratterà dunque di una metonìmia: il nome della nazione per quello dei suoi abitanti (i Macedoni); potremo perciò tradurre soggetto e verbo al plurale.

La diàtesi è attiva e il verbo è transitivo: questo potrebbe significare che c'è un complemento oggetto; troviamo infatti l'accusativo querellas (attenzione agli altri due accusativi, senatum e legatos! Non c'entrano nulla col complemento oggetto, perché sono accompagnati rispettivamente dalle preposizioni ad e per).
Il verbo deferre, cioè "riportare", ha in linea di massima tre valenze: qualcuno (soggetto) riporta qualcosa (oggetto) a qualcuno o in qualche posto (complemento di termine o di moto a luogo). Infatti nella frase sono presenti il soggetto (Macedonia), l'oggetto (querellas) e il complemento di moto a luogo (ad senatum). In più, compaiono due complementi "facoltativi": un complemento di argomento, con la sua apposizione (de filio eius Decimo Silano), ed un complemento di mezzo (per legatos); eius si riferisce al soggetto della principale, Titus Manlius Torquatus.
Il vocabolario, infine, non segnala nulla di particolare a proposito delle reggenze del verbo defero, che sono dunque intuitive.

All'interno del cum narrativo è incastrata una proposizione relativa propria (qui... obtinuerat), che non presenta alcun problema. La persona del verbo è la terza singolare e richiede perciò un soggetto al nominativo singolare, che è proprio qui. A chi si riferisce questo pronome? E' facilissimo capirlo, perché il pronome relativo segue quasi sempre immediatamente (anche in italiano) il sostantivo cui si riferisce: dunque, in questo caso, Decimo Silano.

La diàtesi è attiva e il verbo è transitivo: troviamo infatti il complemento oggetto eam provinciam.
Le valenze di obtineo sono due (qualcuno ottiene qualcosa), ed infatti qui non abbiamo altro che il soggetto e l'oggetto; quanto alle reggenze, anche in questo caso il vocabolario non segnala nulla di particolare.

Possiamo dunque tradurre queste prime frasi:

Avendo la Macedonia (= poiché i Macedoni avevano) riferito al senato per mezzo di ambasciatori lamentele sul conto di suo figlio Decimo Silano, che aveva ottenuto (= governato) quella provincia,...


Proposizione n. 2

Titus Manlius Torquatus a patribus conscriptis petiit


Si tratta, come si diceva, della principale.

Il modo è, piuttosto prevedibilmente, l'indicativo; il tempo è il perfetto ("chiese"). La diàtesi è attiva ed il verbo è transitivo, ma non si vede traccia di complemento oggetto. Eppure anche le valenze del verbo peto sono tre (qualcuno chiede qualcosa a qualcuno), mentre qui se ne contano solo due. Il vocabolario conferma che il costrutto di peto è proprio quello che supponevamo: petere aliquid ab aliquo. Infatti troviamo a patribus conscriptis; continuiamo però a non vedere l'oggetto. Possibile che sia sottinteso? Certamente no, perché non potremmo in alcun modo immaginare da soli che cosa Tito Manlio Torquato abbia chiesto al senato!

Qualcosa non va?
Il fatto è che tale oggetto non è costituito da un nome, ma da una intera frase, che non può che essere completiva: come hai studiato, infatti, si dicono completive (o sostantive, o complementari dirette) tutte quelle frasi che hanno funzione di soggetto o di oggetto, anche senza averne la classica forma con l'accusativo e l'infinito (per esempio, un verbo come impero non regge l'oggettiva, ma la completiva con ut e il congiuntivo (vedi l'apposita scheda).

Dunque l'oggetto di petiit è l'intera frase successiva, cioè la completiva ne... statuerent (di tipo volitivo, com'è evidente dalla negazione ne). A questo punto sai già di che tipo è la prossima frase che analizzeremo; non solo: sai anche come dovremo tradurre il ne che segue, retto da petiit: "(chiese) che non". Se tu non avessi fatto attenzione alle valenze del verbo peto, avresti potuto confondere la completiva con una finale negativa, e tradurre ne con un insensato "affinché non".

Traduciamo alla lettera:

Tito Manlio Torquato chiese ai senatori...


Proposizione n. 3

( ne quid ante de ea re statuerent )


Ora che dovresti avere capito il meccanismo, procederemo in modo più spedito, evitando le considerazioni ovvie e concentrandoci solo sulle osservazioni più significative.

La persona del verbo è la terza plurale, ed in questa frase non vi sono nominativi plurali: puoi dedurne che il soggetto è sottinteso, ricavabile da quanto precede: si tratterà dei senatori di cui si è appena parlato.

Le valenze del verbo statuo sono due (qualcuno stabilisce qualcosa): infatti, oltre al soggetto sottinteso, è presente l'oggetto quid (= aliquid); il terzo complemento presente (de ea re), facoltativo, è di argomento.

Per ora non tradurremo ante, che va unito a quam per i motivi già esposti:

che non decidessero alcunché su quella cosa (= su quell'argomento)...


Proposizione n. 4

( quam ipse Macedonum filiique sui causam inspexisset )


La congiunzione ante... quam ci rende certi che si tratta di una subordinata temporale; ma perché c'è il congiuntivo? Benché sussistano le condizioni perché si verifichi l'attrazione modale (vedi l'apposita scheda), la proposizione avrebbe richiesto in ogni caso il congiuntivo; infatti, consultando la sintassi (vedi l'apposita scheda sulle temporali), scopriamo che antequam regge il congiuntivo quando indica un'azione eventuale-intenzionale, come in questo caso (la temporale esprime infatti l'intenzione di Tito Manlio Torquato): dovremo dunque mantenere il congiuntivo anche nella traduzione italiana; se si fosse trattato di semplice attrazione modale, avremmo invece dovuto usare l'indicativo.

Le valenze del verbo inspicio sono due (qualcuno esamina qualcosa), cioè il soggetto ipse (= Titus Manlius Torquatus) e l'oggetto causam; in più, notiamo dei genitivi: evidentemente, complementi di specificazione di causam (non certo di ipse: non avrebbe senso):

prima che egli stesso avesse esaminato la causa dei Macedoni e di suo figlio.



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Secondo periodo - struttura:
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Summo deinde cum amplissimi ordinis tum etiam eorum, qui questum venerant, consensu cognitione suscepta domi consedit solusque utrique parti per totum biduum vacavit ac tertio plenissime die diligentissimeque auditis testibus ita pronuntiavit:

I verbi sono sette: questum, venerant, suscepta, consedit, vacavit, auditis, pronuntiavit. L'ablativo summo… consensu potrebbe essere sia un ablativo assoluto, sia un semplice complemento di causa o di modo: ai fini della traduzione non cambia nulla.

Gli introduttori sono però solo tre: qui, -que e ac; le altre frasi, infatti, non richiedono introduttore (si tratta della principale domi consedit, del supino questum e di due ablativi assoluti: cognitione suscepta e auditis testibus).

Ti domanderai come mai cum non sia stato annoverato fra gli introduttori, pur non accompagnando un ablativo; è semplice: esso è in correlazione con il tum immediatamente successivo; nel caso in cui non lo ricordi, il vocabolario ti dice che cum... tum significa "sia... sia", "non solo... ma anche": i due elementi fra di loro correlati non sono in questo caso proposizioni, ma semplici complementi di specificazione (ordinis e eorum).

Collega adesso gli introduttori con i rispettivi verbi e numera, o colora, le frasi.


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Secondo periodo - analisi:
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Partendo dal primo periodo, individua facendo uso delle parentesi tutte le frasi che lo compongono, quindi parti ad analizzarne una ad una. Qui noi abbiamo colorato le frasi anzichè numerarle, se lo trovi utile lo puoi fare anche tu con una matita colorata o un evidenziatore.

{ Summo deinde cum amplissimi ordinis tum etiam eorum, [ qui ( questum ) venerant ] consensu cognitione suscepta } domi consedit ( solusque utrique parti per totum biduum vacavit ) [ ac tertio die ( plenissime diligentissimeque auditis testibus ) ita pronuntiavit ]:

Come puoi vedere, abbiamo spostato die per riportarlo all'interno della parentesi alla quale appartiene. Da notare la presenza di due frasi "intrecciate"

Esaminiamo ora le singole proposizioni:

Proposizione n. 1

{ Summo deinde cum amplissimi ordinis tum etiam eorum, [ qui ( questum ) venerant ] consensu cognitione suscepta } domi consedit


Notiamo subito due "falsi amici": amplissimi ordinis e cognitione. Il primo non significa affatto "amplissimo ordine" (che, oltre tutto, non vuol dire nulla), ma designa l'ordo senatorius, che, come sai, a Roma era la classe sociale più elevata; il secondo è, in questo contesto (che fa riferimento ad un processo), un vocabolo tecnico giuridico, e significa "inchiesta".

La principale è domi consedit, dove puoi notare il locativo domi, che costituisce una delle due valenze del verbo consido (qualcuno, cioè sempre Tito Manlio Torquato, si siede in qualche luogo, cioè in casa). La frase fra parentesi quadre (qui... venerant) è una normalissima relativa. Tipica nel suo genere è poi la proposizione costituita dal supino questum, che, come dovresti ricordare, esprime la finale in dipendenza da un verbo di moto (in questo caso venerant; vedi l'apposita scheda).

Tradurremo dunque così:

Quindi, assuntosi l'inchiesta per consenso unanime (oppure: perché unanime era il consenso) non solo del venerabile ordine, ma anche di coloro che erano venuti a lamentarsi, si sedette (= tenne una seduta) in casa...


Proposizione n. 2

( solusque utrique parti per totum biduum vacavit )


Si tratta di una coordinata alla principale. Incontri qui una sola difficoltà: devi infatti valutare con estrema attenzione le reggenze del verbo vaco; il vocabolario ti informa che esso cambia completamente significato a seconda dei casi con cui è costruito: se è usato assolutamente, significa "essere vuoto, libero"; se regge l'ablativo, significa "essere privo di"; se, infine, regge il dativo, significa "avere tempo per, dedicarsi a". E' evidente che la nostra frase rientra in quest'ultimo caso, poiché vacavit regge il dativo utrique parti. Solus è predicativo del soggetto sottinteso (Titus Manlius Torquatus).

Possiamo dunque tradurre:

e, da solo, si dedicò per due giorni interi ad entrambe le parti (in causa)...


Proposizione n. 3

[ ac tertio die ( plenissime diligentissimeque auditis testibus ) ita pronuntiavit ]


La struttura sintattica è molto semplice: si osserva infatti un'altra proposizione coordinata alla principale (ac... pronuntiavit), e, incastonato in essa, un ablativo assoluto (auditis testibus). Potresti tutt'al più incontrare qualche difficoltà nel disporre le parentesi, perché il complemento di tempo determinato tertio die ed i due avverbi plenissime e diligentissime potrebbero riferirsi tanto ad auditis quanto a pronuntiavit. Ma, a parte il fatto che pronuntiavit è già precisato dall'avverbio ita, il senso, come sempre, ti viene in aiuto: che cosa vorrebbe dire, infatti, "pronunciò così in modo molto completo ed attento"? Dunque i due avverbi precisano il verbo auditis. Quanto a tertio die, potrebbe riferirsi ad entrambe le proposizioni, ma è evidente dal senso che l'escussione dei testi è durata due giorni e che quindi il verdetto è stato emesso il terzo giorno:

e il terzo giorno, dopo avere ascoltato in modo estremamente esauriente ed attento i testimoni, così sentenziò (= pronunciò il seguente verdetto):



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Terzo periodo - struttura:
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"Cum Silanum filium meum pecunias a sociis accepisse probatum mihi sit, et re publica eum et domo mea indignum iudico et protinus e conspectu meo abire iubeo"

Si tratta della sentenza pronunciata da Tito Manlio Torquato, riportata in forma diretta, com'è evidente dalle virgolette.
I verbi sono cinque: accepisse, probatum sit, iudico, abire, iubeo; gli introduttori sono due: cum (subordinante) e -que (coordinante): infatti, oltre al verbo della principale, sono senza introduttore gli infiniti accepisse e abire.

Potrebbe sorgerti il dubbio che anche i primi due et siano introduttori: ma, a parte il fatto che scomparirebbe la principale, perché tutti i verbi di modo finito (compreso iudico) avrebbero l'introduttore, dovresti ricordarti che et... et significa "sia... sia": è chiaro quindi che il primo et si riferisce a re publica ed il secondo a domo, e nessuno dei due introduce un verbo.

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Terzo periodo - analisi:
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"[ Cum ( Silanum filium meum pecunias a sociis accepisse ) probatum mihi sit ], et re publica eum et domo mea indignum iudico [ et (protinus e conspectu meo abire) iubeo ]"

Si distinguono, oltre alla principale, una coordinata e tre subordinate

Proposizione n. 1

"[ Cum ( Silanum filium meum pecunias a sociis accepisse ) probatum mihi sit ]


Ancora un "cum narrativo", da rendere nuovamente con il gerundio composto (c'è il congiuntivo perfetto, probatum sit): non è espresso, in quanto ovvio, il complemento d'agente (si tratta evidentemente degli accusatori e dei testimoni); mihi è dativo di termine. Attenzione a non confondere il complemento di provenienza a sociis, che costituisce una delle tre reggenze di accepisse, con un complemento d'agente retto da probatum sit! Salvo casi eccezionali, i vocaboli non possono "saltare" al di là della parentesi di cui fanno parte, esattamente come non possono farlo i numeri di una espressione matematica. La proposizione Silanum... accepisse è soggettiva, in quanto costituisce il soggetto di probatum sit; mihi è la reggenza in dativo di quest'ultimo verbo:

"Essendomi stato provato (= poiché mi è stato provato) che mio figlio Silano ha ricevuto denaro dagli alleati,...


Proposizione n. 2

, et re publica eum et domo mea indignum iudico


E' la principale. Il verbo iudico, in quanto estimativo, ha tre valenze: qualcuno (soggetto) giudica qualcun altro (oggetto) in qualche modo (predicativo dell'oggetto da non confondere con il complemento di modo): perciò il verbo regge il doppio accusativo. In questo caso è facilissimo distinguere il complemento oggetto dal suo predicativo: è evidente, infatti, che chi viene giudicato è eum, Silano, mentre l'aggettivo indignum non può che indicare come egli viene giudicato. Dovresti inoltre ricordare che gli aggettivi dignus e indignus reggono l'ablativo: troviamo infatti re publica e domo mea, correlati mediante et... et. Per quanto riguarda la traduzione di res publica, in linea di massima, se non sei più che sicuro di saper collocare i fatti nella giusta prospettiva storico-politica, ti conviene sempre ricorrere al termine generico "Stato"; in questo caso, però, il regime è veramente quello repubblicano:

lo giudico indegno sia della repubblica sia della mia casa...


Proposizione n. 3

[ et (protinus e conspectu meo abire) iubeo ]"


Questo et introduce una coordinata alla principale, il cui verbo è iubeo; essa regge a sua volta una proposizione oggettiva, irregolarmente priva di soggetto: è evidente tuttavia che si tratta ancora di eum, cioè di Silano; il verbo abeo, composto di eo, oltre al soggetto ha un'altra valenza (qualcuno se ne va da qualche luogo), espressa in questo caso da e conspectu meo:
e (gli) ordino di allontanarsi immediatamente dal mio cospetto."

e (gli) ordino di allontanarsi immediatamente dal mio cospetto."



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Quarto periodo - struttura:
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Tam tristi patris sententia perculsus Silanus lucem ulterius intueri non sustinuit suspendioque se proxima nocte consumpsit

Quattro verbi (perculsus, intueri, sustinuit, consumpsit), di cui però uno, sustinuit (= "sopportò"), non conta: si tratta infatti di un verbo fraseologico e c'è coincidenza di soggetto con l'infinito intueri che esso regge (vedi punto 4 della scheda di metodo): perciò le frasi sono tre.

L'introduttore è uno solo, coordinante: -que: infatti, oltre alla principale, anche il participio perculsus è privo di introduttore.

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Quarto periodo - analisi:
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( Tam tristi patris sententia perculsus ) Silanus lucem ulterius intueri non sustinuit ( suspendioque se proxima nocte consumpsit )

Dunque, oltre alla principale, si distinguono una subordinata participiale ed una coordinata

Proposizione n. 1

( Tam tristi patris sententia perculsus )


Si tratta di un participio congiunto al soggetto della principale, Silanus: esso ha valore causale, ma possiamo esprimerlo anche noi in forma implicita; la diàtesi è passiva, ed infatti è presente il complemento di causa efficiente sententia, che una volta tanto, dato il contesto, significa proprio "sentenza, verdetto", e non "parere, consiglio" (attenzione a non collegare distrattamente tristi, ablativo riferito a sententia, con patris, che è invece genitivo!):

Colpito dalla sentenza così severa del padre,...


Proposizione n. 2

Silanus lucem ulterius intueri non sustinuit


E' la principale. Abbiamo già detto che sustinuit è un verbo fraseologico e che significa in questo caso "sopportò, ebbe il coraggio di"; ulterius è il comparativo dell'avverbio ultra; "guardare la luce" (lucem intueri), come puoi facilmente comprendere, è una perifrasi per "vivere", e tutta l'espressione non è che un eufemismo per indicare il suicidio di Silano:

Silano non ebbe la forza di guardare la luce (= sopravvivere) più a lungo...


Proposizione n. 3

( suspendioque se proxima nocte consumpsit )


E' una proposizione coordinata alla principale. I due ablativi suspendio e proxima nocte esprimono due complementi "liberi" (ossia non necessari per saturare le valenze del verbo consumpsit), rispettivamente di mezzo e di tempo determinato:

e la notte seguente si uccise con l'impiccagione (= si impiccò).



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Quinto periodo - struttura:
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Peregerat iam Torquatus severi et religiosi iudicis partis, satisfactum erat rei publicae, habebat ultionem Macedonia, potuit tam verecundo fili obitu patris inflecti rigor

I verbi sono cinque, di cui uno servile (potuit): le proposizioni sono perciò quattro (con i verbi peregerat, satisfactum erat, habebat, potuit inflecti). Come puoi notare, non c'è alcun introduttore: infatti i vari aspetti della situazione vengono come scanditi nella loro drammaticità tramite l'accostamento paratattico di proposizioni coordinate per asindeto.

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Quinto periodo - analisi:
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peregerat iam Torquatus severi et religiosi iudicis partis, ( satisfactum erat rei publicae ), ( habebat ultionem Macedonia ), ( potuit tam verecundo fili obitu patris inflecti rigor )


Proposizione n. 1

peregerat iam Torquatus severi et religiosi iudicis partis,


E' la principale. Attenzione a partis: sta al posto di partes; si tratta dunque del complemento oggetto di peregerat. Cercando con cura sul vocabolario la locuzione peragere partes, scopriamo che si tratta di un'espressione propria del linguaggio teatrale, che significa "sostenere una parte". Religiosi è un "falso amico": per lo più, infatti, religiosus non significa "religioso", ma "scrupoloso, coscienzioso":

Ormai Torquato aveva sostenuto la parte del giudice severo e scrupoloso,...


Proposizione n. 2

( satisfactum erat rei publicae ),


E' la prima coordinata per asindeto alla principale. La traduzione non presenta problemi a patto che tu ricordi come si forma il passivo dei verbi transitivi in italiano ed intransitivi in latino, come appunto satisfacio, che regge il dativo: l'hai studiato nella sintassi dei casi. All'attivo avremmo avuto: Torquatus satisfecerat rei publicae; come puoi notare, il dativo rimane tale anche volgendo la frase al passivo, mentre il verbo assume la forma impersonale (alla terza persona singolare neutra: satisfactum erat).

Naturalmente, però, tu tradurrai l'enunciato come se si trattasse di un passivo del tutto regolare, perché in italiano il verbo "soddisfare" è transitivo:

la repubblica era stata soddisfatta,... (= era stata data soddisfazione alla…)


Proposizione n. 3

( habebat ultionem Macedonia ),


E' la seconda coordinata per asindeto

la Macedonia aveva la (sua) vendetta,...


Proposizione n. 4

( potuit tam verecundo fili obitu patris inflecti rigor )


E' la terza ed ultima coordinata per asindeto. Anche questa proposizione sembra molto facile da tradurre, ma in realtà nasconde una piccola insidia. Se traducessi alla lettera potuit, ti accorgeresti ben presto che qualcosa non va: ne risulterebbe infatti che "il rigore del padre potè essere piegato", mentre, proseguendo nella traduzione, emerge chiaramente che questo non è vero. E allora?

Il fatto è che siamo di fronte ad un indicativo da rendere in italiano con il cosiddetto "falso condizionale" (vedi l'apposita scheda), frequente con le espressioni di "potere", "dovere", "essere opportuno" etc.: potuit deve perciò essere tradotto con il condizionale passato. Tam verecundo... obitu è il complemento di causa efficiente del verbo passivo inflecti; i due genitivi fili e patris specificano rispettivamente obitu e rigor:

il rigore del padre avrebbe potuto lasciarsi piegare (lett.: essere piegato) dalla morte così vereconda del figlio.



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Sesto periodo - struttura:
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at ille neque exequiis adulescentis interfuit et, cum maxime funus eius duceretur, consulere se volentibus vacuas aures accommodavit.

Come nel periodo precedente, i verbi sono cinque, di cui però uno servile e sostantivato (volentibus); ne consegue che sia esso sia l'infinito consulere non contano: le proposizioni sono perciò solo tre (con i verbi interfuit, duceretur e accommodavit). Ti domanderai come sia possibile capire che volentibus è sostantivato: basta osservare con attenzione il verbo accommodare, che significa "rivolgere": a chi rivolge le orecchie (aures) Torquato? Non si può sottintendere qualcosa di non intuitivo! Si sottintende solo ciò che è ovvio. La reggenza in dativo del verbo è solo volentibus, che è certamente sostantivato ed indica le persone alle quali Torquato porge ascolto.

Troviamo due introduttori, et e cum. Non sono invece da contare at, in quanto posto in apertura della principale, e neque: infatti nelle correlazioni (et... et..., cum... tum..., vel... vel... etc.) il primo elemento non è mai introduttore, ma serve solo ad anticipare l'altro o gli altri elementi. Ma, ti domanderai giustamente, dov'è finito il secondo neque? E' stato sostituito, per un fenomeno di variatio sintattica, da et: in altre parole, ad una frase negativa (neque... interfuit) è correlata una frase affermativa (et... accommodavit).

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Sesto periodo - analisi:
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at ille neque exequiis adulescentis interfuit [ et, ( cum maxime funus eius duceretur ), consulere se volentibus vacuas aures accommodavit ].

Oltre alla principale, sono presenti una coordinata introdotta da et ed una subordinata introdotta da cum.

Proposizione n. 1

at ille neque exequiis adulescentis interfuit


E’ la principale. At indica contrapposizione molto forte rispetto a quanto precede (“invece, eppure”); ille riprende il precedente patris e designa ovviamente Tito Manlio Torquato. Il verbo intersum regge il dativo exequiis. Sappiamo già che neque anticipa il successivo et: in italiano, però, la correlazione “né... e...” è assolutamente da evitare, per cui tradurremo neque con “non”:

invece egli non partecipò al funerale del giovane...


Proposizione n. 2

[ et, ( cum maxime funus eius duceretur ), consulere se volentibus vacuas aures accommodavit ].


All'interno della coordinata alla principale et... accommodavit è incastrato un "cum narrativo", questa volta indicante contemporaneità (duceretur è imperfetto), da tradurre quindi provvisoriamente con il gerundio semplice. Puoi però intuire che in questo caso il cum narrativo indica una circostanza temporale e non una causa: Torquato si mette a disposizione della gente non perché sta passando il funerale di suo figlio (che senso avrebbe?), ma mentre ciò accade. Inoltre il vocabolario ci conferma che cum maxime significa "proprio mentre". Di volentibus, che regge consulere, abbiamo già detto; possiamo tradurlo "coloro che volevano" o, meglio, "coloro che volessero", perché l'azione è da considerare eventuale: non è davvero plausibile che i concittadini di Torquato lo abbiano realmente consultato in un momento del genere! Se, riflessivo, si riferisce al soggetto di accommodavit, cioè sempre Tito Manlio Torquato. Infine, vacuas è predicativo di aures: non indica, cioè, una qualità stabile delle orecchie di Torquato (sarebbe una vera sciocchezza affermare che aveva sempre le orecchie vuote!), ma specifica come egli porse le orecchie a coloro che lo consultavano: e cioè sgombre, libere, a loro totale disposizione nonostante la tragicità del momento:

e, proprio mentre il suo funerale veniva condotto (= celebrato), porse le orecchie libere a (= si mise totalmente a disposizione di) coloro che volessero consultarlo.



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Terminata questa prima traduzione, rileggila

La traduzione è terminata: possiamo ora trascrivere di seguito le parti in italiano scritte in grassetto corsivo:

Poiché i Macedoni avevano riferito al senato per mezzo di ambasciatori lamentele sul conto di suo figlio Decimo Silano, che aveva governato quella provincia, Tito Manlio Torquato chiese ai senatori che non decidessero alcunché su quell’argomento prima che egli stesso avesse esaminato la causa dei Macedoni e di suo figlio. Quindi, assuntosi l’inchiesta per consenso unanime non solo del venerabile ordine, ma anche di coloro che erano venuti a lamentarsi, tenne una seduta in casa e, da solo, si dedicò per due giorni interi ad entrambe le parti (in causa), e, dopo avere il terzo giorno ascoltato in modo estremamente esauriente ed attento i testimoni, pronunciò il seguente verdetto: “Poiché mi è stato provato che mio figlio Silano ha ricevuto denaro dagli alleati, lo giudico indegno sia della repubblica sia della mia casa e (gli) ordino di allontanarsi immediatamente dal mio cospetto.” Colpito dalla sentenza così severa del padre, Silano non ebbe la forza di sopravvivere più a lungo e la notte seguente si impiccò. Ormai Torquato aveva sostenuto la parte del giudice severo e scrupoloso, la repubblica era stata soddisfatta, la Macedonia aveva la (sua) vendetta, il rigore del padre avrebbe potuto lasciarsi piegare dalla morte così vereconda del figlio: invece egli non partecipò alle esequie del giovane, e, proprio mentre il suo funerale veniva celebrato, si mise totalmente a disposizione di coloro che volessero consultarlo.

Certo, la resa formale non è delle migliori: è troppo letterale, un po’ ripetitiva: ma, quanto meno, la traduzione è sensata e corretta. Il primo passo, che è il più importante, è stato fatto.

Ti forniamo ora una traduzione più elegante, dalla quale potrai trarre ispirazione per imparare a tradurre più liberamente, ma sempre nel rispetto delle strutture sintattiche del passo. Tuttavia, fino a quando non avrai raggiunto un sicuro possesso delle regole della lingua latina, ti consigliamo di evitare di sbizzarrirti con la fantasia: col tempo capirai da solo quando potrai concederti qualche libertà.

Poiché la Macedonia aveva protestato, tramite ambasciatori, presso il senato per il trascorso governo di suo figlio Decimo Silano, egli (= Tito Manlio Torquato) chiese ai Padri coscritti che non prendessero decisione alcuna sull'argomento prima ch'egli in persona avesse ben studiata la questione che opponeva i Macedoni a suo figlio. Assuntasi l'inchiesta col consenso generale non solo dell'augusto ordine, ma anche di coloro ch'erano venuti a lamentarsi, egli sedette giudice nella sua casa e dopo due giorni interamente dedicati all'ascolto delle ragioni di ambedue le parti e trascorso il terzo nella più attenta escussione dei testi, pronunziò la sentenza che segue: “Poiché risulta provato che mio figlio Silano ha ricevuto danaro da alleati, io lo giudico indegno di fare parte della repubblica come della mia casa e gli intimo di scomparire immediatamente dalla mia presenza”. Silano, colpito dalla severità della decisione paterna, non ebbe il coraggio di sopravvivere e la notte seguente s'impiccò. Torquato aveva già sostenuto la parte di giudice scrupoloso e severo, la repubblica era stata soddisfatta, la Macedonia vendicata, il rigore paterno si sarebbe potuto piegare in considerazione del suicidio che il figlio si era inflitto per la vergogna: eppure egli non partecipò ai funerali del giovane e, mentre questi venivano celebrati, si mise a disposizione di chi volesse interpellarlo.



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