L'autore è Quintiliano
Un passo non particolarmente complicato, ma con qualche difficoltà di
resa
Omero, maestro di eloquenza
Nunc genera ipsa lectionum, quae praecipue convenire intendentibus ut
oratores fiant existimem, persequor. Igitur, ut Aratus ab Iove
incipiendum putat, ita nos rite
coepturi ab Homero videmur. Hic enim, quem ad modum ex Oceano
dicit ipse amnium fontiumque cursus initium capere, omnibus eloquentiae
partibus exemplum et ortum dedit. Hunc nemo in magnis rebus sublimitate,
in parvis proprietate superaverit. Idem laetus ac pressus, iucundus et
gravis, tum copia tum brevitate mirabilis, nec poetica modo sed oratoria
virtute eminentissimus. Nam ut de laudibus exhortationibus
consolationibus taceam, nonne vel nonus liber, quo missa ad Achillem
legatio continetur, vel in primo inter duces illa contentio vel dictae
in secundo sententiae omnis litium atque consiliorum explicant artes?
Adfectus quidem vel illos mites vel hos concitatos nemo erit tam
indoctus qui non in sua potestate hunc auctorem habuisse fateatur. Age
vero, non utriusque operis ingressu in paucissimis versibus legem
prohoemiorum non dico servavit sed constituit? Nam et benivolum
auditorem invocatione dearum quas praesidere vatibus creditum est et
intentum proposita rerum magnitudine et docilem summa celeriter
comprensa facit. Narrare vero quis brevius quam qui mortem nuntiat
Patrocli, quis significantius potest quam qui Curetum Aetolorumque
proelium exponit?
Traduzione
Ora
passerò (lett.: passo) in esame gli stessi generi di letture che ritengo
che convengano particolarmente a coloro che si sforzano di diventare
oratori.
Dunque, come Arato pensa che si debba incominciare da Giove, così ci
sembra
che faremo bene a incominciare (lett.: che giustamente incominceremo)
da Omero
(oppure:
ci sembra di dover (lett.: che dovremo) giustamente incominciare da
Omero).
Costui infatti, come dice che il corso stesso dei fiumi e delle fonti
prende inizio dall’Oceano, ha dato esempio e origine a tutte le parti
dell’eloquenza. Nessuno ha superato costui in sublimità nelle grandi
cose (e) in proprietà nelle piccole. Egli medesimo è copioso e conciso,
amabile e serio, mirabile ora per abbondanza ora per brevità e altissimo
non solo per (virtù) poetica ma anche per virtù oratoria.
Per
tacere, infatti, delle lodi, delle esortazioni, delle consolazioni,
forse che il nono libro, in cui è contenuta l’ambasceria inviata ad
Achille, o quella famosa contesa tra i comandanti nel primo (libro) o i
pensieri espressi nel secondo (libro) non dispiegano tutte le arti
dell’eloquenza forense e deliberativa (lett.: delle controversie
giuridiche e delle deliberazioni)?
Davvero non ci sarà nessuno tanto ignorante da non confessare (lett.:
che non confessi) che quest’autore ha in suo potere i sentimenti, sia da
una parte quelli miti sia dall’altra quelli concitati. Ma suvvia!
all’inizio di entrambi i poemi non ha forse in pochissimi versi, non
dico osservato ma costituito la legge dei proemi? Egli infatti rende
l’ascoltatore benevolo con l’invocazione delle dèe che si credette
proteggessero i poeti, e attento con la grandezza dei fatti posta(gli)
innanzi e ben disposto ad apprendere con la trama generale esposta
brevemente.
Chi poi potrebbe
raccontare più brevemente di colui che annuncia la morte di Patroclo,
chi in modo più espressivo di colui che espone la battaglia tra Cureti
ed Etoli (lett.: di Cureti e ed Etoli)?
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