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Lucrezio

 

Esaltazione di Epicuro

Il sacrificio di Ifigenìa - conseguenze della religio 

(De rerum natura 62-101)

Ritratto di Lucrezio

L'immagine è tratta dal sito Bibliotheca Augustana

 

 

Scansione metrica (esametri dattilici catalettici):

 

Hùmana ànte oculòs || foedè cum vìta iacèret

ìn terrìs || opprèssa gravì || sub rèligiòne,

quaè caput à caelì || regiònibus òstendèbat

hòrribilì || super àspectù || mortàlibus ìnstans,

prìmum Gràius homò || mortàlis tòllere còntra

èst oculòs ausùs || primùsque obsìstere còntra;

quèm neque fàma deùm || nec fùlmina nèc minitànti

mùrmure còmpressìt || caelùm, || sed èo magis àcrem

ìnritàt animì || virtùtem, effrìngere ut àrta

nàturaè primùs || portàrum clàustra cupìret.

Èrgo vìvida vìs || animì pervìcit et èxtra

pròcessìt longè || flammàntia moènia mùndi

àtque omne ìmmensùm || peragràvit mènte animòque,

ùnde refèrt nobìs || victòr quid pòssit orìri,

quìd nequeàt, || finìta potèstas || dènique cùique

quànam sìt || ratiòne atque àlte || tèrminus haèrens.

Quàre rèligiò || pedibùs subiècta vicìssim

òpteritùr, || nos èxaequàt || victòria caèlo.

Ìllud in hìs rebùs || vereòr, || ne fòrte reàris

ìmpia tè ratiònis || inìre elemènta viàmque

ìndugredì scelerìs. || Quod còntra saèpius ìlla

rèligiò peperìt || sceleròsa atque ìmpia fàcta.

Àulide quò pactò || Triviài vìrginis àram

Ìphianàssaì || turpàrunt sànguine foède

dùctorès Danaùm || delècti, || prìma viròrum.

Cùi simul ìnfula vìrgineòs || circùmdata còmptus

èx utràque parì || malàrum pàrte profùsast,

èt maestùm || simul ànte aràs || adstàre parèntem

sènsit et hùnc proptèr || ferrùm celàre minìstros

àspectùque suò || lacrimàs effùndere cìvis,

mùta metù || terràm genibùs || summìssa petèbat.

Nèc miseraè || prodèsse in tàli || tèmpore quìbat,

quòd patriò princèps || donàrat nòmine règem;

nàm sublàta virùm || manibùs tremibùndaque ad àras

dèductàst, || non ùt sollèmni || mòre sacròrum

pèrfectò possèt || clarò comitàri Hymenaèo,

sèd casta ìncestè || nubèndi tèmpore in ìpso

hòstia cònciderèt || mactàtu maèsta parèntis,

èxitus ùt classì || felìx faustùsque darètur.

Tàntum rèligiò || potuìt suadère malòrum.

 

Traduzione:

Quando la vita umana giaceva (prostrata) vergognosamente sotto gli occhi (di tutti) sulla terra, oppressa sotto il peso della religione1 [sotto una pesante religione], che mostrava il (suo) volto dalle regioni del cielo, minacciando dall'alto i mortali col (suo) orribile aspetto, per la prima volta un uomo greco osò alzare contro (di essa) gli occhi mortali [con mortalis = mortales, riferito a oculos; altrimenti si può intendere: "un Greco, un uomo, un mortale", con una sorta di anticlimax] e per primo (osò) resisterle contro; e non lo spaventarono [lett.: che non spaventò...] né i falsi racconti sugli dèi, né i fulmini, né il cielo col (suo) minaccioso brontolio, ma (anzi), ancor più stimolarono [stimolò] l'indomita energia del (suo) animo [oppure: suscitarono ancor più indomita la forza del suo animo], tanto che egli desiderò spezzare per primo gli stretti serrami delle porte della natura. Dunque la sua vivida intelligenza trionfò, e si spinse lontano, al di là delle ardenti barriere dell'universo, e percorse il tutto infinito con la mente ardita [con la mente e l'animo], di dove ci riferisce, trionfatore, che cosa possa nascere, che cosa non possa, per quale ragione vi sia per ogni cosa un potere delimitato e un termine assolutamente fisso [profondamente confitto].

Perciò la religione, posta sotto i (nostri) piedi, è calpestata a sua volta, e (questa) vittoria ci rende uguali agli dèi [ci eguaglia al cielo].

Una cosa [quello] io temo in questi argomenti, (cioè) che tu (= Memmio) per caso creda di iniziarti agli elementi di una dottrina empia [agli empi elementi di una dottrina] e di incamminarti per la strada del male. Al contrario [ché al contrario]: più spesso (proprio) quella (famosa) religione ha partorito delitti ed infamie [fatti scellerati ed empi]. Come (quando), in Aulide, i condottieri dei Dànai, (uomini) scelti, fior fiore d'eroi [le primizie fra gli uomini], vergognosamente contaminarono col sangue di Ifianassa l'altare della vergine Trivia (= Artemide).

Quando la benda che le circondava le chiome verginali le fu fatta scivolare su [da] entrambe le guance ad eguale altezza [in parti uguali], ed ella si accorse che suo padre stava triste davanti agli altari, e che presso di lui i sacerdoti cercavano di nascondere il ferro, e che alla sua vista i concittadini [o: i soldati] scoppiavano in pianto, muta per il terrore, piegandosi sulle ginocchia, cadde a terra [colpiva (o cercava) la terra]. E alla disgraziata non poteva essere di aiuto, in una simile circostanza, il fatto che per prima avesse fatto dono al re del nome di padre (= il fatto che fosse la primogenita). Infatti, sollevata dalle mani degli uomini e tutta tremante, fu condotta agli altari, non per poter essere accompagnata dallo splendido Imeneo, una volta compiuto il solenne [o: consueto, prescritto] rito delle cerimonie [o: dei sacrifici], ma perché, (lei) pura, impuramente cadesse [oppure: malauguratamente pura cadesse...], proprio nel tempo delle nozze, (come) triste vittima, sotto il colpo del padre, perché fosse concessa una partenza felice e fortunata alla flotta.

A così grandi mali poté spingere la religione.

 

(1) Qualche critico sostiene che religio sia da tradurre "superstizione" e non "religione", quasi a voler "assolvere" Lucrezio dalla taccia di ateismo (che certo non lo avrebbe turbato). Il fatto è che per Lucrezio, secondo ogni evidenza, non esiste una visione positiva della religione, da contrapporre ad una visione negativa e superstiziosa di tale fenomeno: è la religione in sé ad essere superstizione, a suo modo di vedere. La differenza, dunque, per lui non esiste. In questo Lucrezio si discosta da Epicuro, il quale invece riteneva doveroso tributare agli dèi una venerazione disinteressata.

 

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Osservazioni grammaticali:

63. In terris: è molto improbabile che possa significare "a terra" ("giaceva a terra"), come qualcuno intende; in tal caso si userebbe piuttosto humi.

68. Deum = deorum; è genitivo oggettivo.

69. Acrem: si può intendere come attributivo ("suscitarono l’indomita energia"), o come predicativo ("suscitarono indomita l'energia"); dalla posizione metrica forte (in fine di verso, con enjambement) e dal costrutto sintattico, sembrerebbe preferibile la 2° interpretazione.

70-71: Ut... cupiret (= cuperet): consecutiva; primus portarum: allitterazione.

75-77: Quid possit oriri, quid nequeat,... quanam sit ratione: interrogative indirette.

76-77: Finita potestas... haerens: il periodo si costruisce così: denique quanam ratione sit cuique finita potestas atque terminus alte haerens. Cuique sit è dativo di possesso ("sia a ciascuna cosa"= "ciascuna cosa abbia"); cuique è qui neutro; la forma regolare sarebbe cuique rei.

80. Illud: prolettico rispetto alla completiva ne...rearis (che quindi è epesegetica rispetto ad esso). Ne... rearis: completiva con i verba timendi.

82. Quod: in questo caso è semplice formula di passaggio; in pratica non si traduce, o si rende con l'arcaico e poco elegante "ché".

84-85. Quo pacto... turparunt: quo va svolto come un nesso relativo (= et eo pacto); il complemento è di modo; dunque letteralmente: "e in quel modo i comandanti..."; noi diremmo "come quando i comandanti...". Triviài e Iphianassài sono forme arcaiche di genitivo della I declinazione (-ai è bisillabico); turparunt è forma sincopata per turpavérunt.

       A proposito di Ifianassa, propriamente si tratterebbe di una sorella di Ifigenia; è probabile che il poeta confonda i due personaggi, sulla base di Iliade 9.145 segg.

86. Prima virorum: poiché prima è neutro, si deve intendere, più che "i primi fra gli uomini", qualcosa come "le primizie fra gli uomini"; virorum è genitivo partitivo.

87. Cui = et ei (= Iphianassae); nesso relativo.

89. maestum: predicativo.

90. Hunc propter: anastrofe (= inversione).

92. Muta metu: allitterazione e paronomàsia.

94. Quod... donarat (= donaverat): dichiarativa con funzione soggettiva (non si dimentichi che anche le dichiarative sono completive); princeps è predicativo; il verbo donare si costruisce in latino in due modi: donare aliquid alicui (come in italiano) oppure donare aliquem aliqua re (come in questo caso); alla lettera: "donare (= omaggiare) qualcuno per mezzo di qualcosa".

95. Virum = virorum.

96-99. Non ut... posset, sed (ut)... concideret: finali. Sollemni more sacrorum perfecto: ablativo assoluto. Casta inceste: ossimòro reso più intenso dalla paronomàsia (sensibile soprattutto con la pronuncia restituta). Mactatus, -us (da macto = "sacrifico") è hàpax legòmenon (si trova cioè solo qui).

100. Exitus ut: anastrofe (ut exitus...). Ut daretur: finale. Felix faustusque: allitterazione; i due aggettivi possono essere intesi anche come predicativi; in tal caso si traduce: "perché la partenza potesse essere concessa felice e fortunata".

101. Malorum: partitivo (tantum malorum, alla lettera "tanto di mali").

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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