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Euripide - Medea

John William Waterhouse, bozzetto per Medea, 1907  

(proprietà dell'attore Jack Nicholson)

 

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Prologo (versi 1-95)

Nutrice:     Oh se la nave di Argo non fosse mai volata attraverso le azzurre Simplègadi verso la terra dei Colchi, né il pino fosse mai caduto tagliato nelle valli selvose del Pèlio, né avesse armato di remi le mani di uomini valorosi, i quali cercarono per Pèlia il vello tutto d’oro! La mia padrona, Medea, non sarebbe giunta navigando alle torri della terra di Iolco, colpita nel cuore da amore per Giàsone; né, dopo aver convinto le fanciulle Pelìadi (= le figlie di Pèlia) ad uccidere il padre, abiterebbe questa terra corinzia, insieme al marito e ai figli, riuscendo gradita ai cittadini nella cui terra giunse in fuga ed andando essa stessa d’accordo in tutto con Giàsone; e questa è una grandissima (fonte di) salvezza, quando (cioè) la moglie non è in disaccordo col (proprio) marito. Ma ora tutto (è) ostile e gli affetti più cari languono [oppure: ella soffre negli affetti più cari]: infatti, traditi i suoi figli e la mia padrona, Giàsone giace in nozze regali, avendo sposato la figlia di Creonte che regna su (questa) terra; e l’infelice Medea, disonorata, richiama a gran voce i giuramenti e invoca le destre, grandissimo pegno di fede, e chiama a testimoni gli dèi di quale ricompensa ottenga da Giàsone. Giace senza cibo, avendo abbandonato il corpo ai dolori, consumandosi tutto il tempo in lacrime, da quando si accorse di essere stata oltraggiata dal marito, non sollevando lo sguardo né distogliendo il volto da terra; ma quando viene consigliata, ascolta gli amici come uno scoglio o un flutto marino; se non che qualche volta, vòlto il candido collo, ella, (rivolta) a se stessa, rimpiange il caro padre, la (sua) terra e la casa che tradì per giungere (qui) [lett.: che avendo tradito giunse qui] con l’uomo che ora la disonora  [lett.: l’ha, avendola disonorata]. Si è resa conto, l’infelice, nella sventura, quale (bene sia) non essere privi della terra patria. E odia i figli né prova gioia nel vederli. E ho paura che mediti qualcosa di grave [lett.: temo lei che mediti qualcosa di nuovo]: infatti il (suo) animo (è) violento e non sopporterà di essere maltrattata; io la conosco e temo [lett.: temo lei] che spinga un affilato pugnale nel fegato (a qualcuno), dopo essere entrata in silenzio nelle stanze dove è steso il letto nuziale, o che uccida il tiranno e lo sposo [lett.: colui che ha sposato], e che poi (ne) riceva una sventura più grande. È terribile infatti: certo non facilmente uno riporterà una bella vittoria su di lei, dopo esserle diventato nemico [lett.: avendo contratto inimicizia con lei]. Ma ecco che giungono i figli, dopo aver posto fine ai loro giochi [lett.: avendo cessato dalle corse], non sapendo nulla dei mali della madre: una mente giovane infatti non suole soffrire.

Pedagogo: Vecchia ancella [lett.: vecchio possesso] della casa della mia padrona, perché te ne stai tutta sola [lett.: tenendo questa solitudine] lamentando mali con te stessa [lett.: tu stessa con te stessa]? Come mai Medea vuole essere lasciata sola da te?

Nutrice:     Vecchio custode dei figli di Giàsone, per i buoni servi le disgrazie dei padroni sono una sventura [lett.: accadono male] e toccano il cuore: io infatti sono giunta a tal punto di dolore che mi è venuto il desiderio, giunta qui, di dire alla terra e al cielo le sventure della (mia) padrona.

Pedagogo: Dunque l’infelice non smette ancora di lamentarsi [lett.: non cessa… dai lamenti]?

Nutrice:     Beato te [lett.: ti invidio]: il (suo) dolore (è) all’inizio e non è ancora a metà.

Pedagogo: O stolta, se è lecito parlare così [lett.: dire questo] dei padroni, visto che non sa nulla dei mali più recenti [oppure: come non sa nulla dei mali più recenti!].

Nutrice:     Che cosa c’è, o vecchio? Non rifiutarti di parlare.

Pedagogo: Nulla; mi sono pentito anche di quello che ho detto prima [lett.: mi pentii anche delle cose dette prima].

Nutrice:     Per il (tuo) mento, non tener(lo) nascosto ad una tua compagna di schiavitù; se è necessario, infatti, manterrò il silenzio su queste cose.

Pedagogo: Dopo essermi avvicinato (al luogo in cui giocano) ai dadi, dove siedono i più anziani, vicino alla sacra fonte di Pirene, senza aver l’aria di ascoltare [lett.: non sembrando io ascoltare], sentii un tale che diceva che Creonte, sovrano di questa terra, ha intenzione di scacciare da Corinto [lett.: dalla terra corinzia] questi bambini con la (loro) madre. Tuttavia non so se questa notizia sia vera, ma vorrei che non fosse così [lett.: che questa cosa non fosse].

Nutrice:     E Giàsone sopporterà che i figli subiscano questa sorte [lett.: queste cose], se anche è ostile alla [lett.: ha ostilità verso la] (loro) madre?

Pedagogo: Alle nuove parentele cedono il passo quelle antiche, e quello lì (= Giàsone) non è amico a questa casa.

Nutrice:     Siamo davvero rovinati, se aggiungeremo un nuovo male all’antico, prima di aver esaurito [lett.: vuotato] questo.

Pedagogo: Ma tu – infatti non è opportuno che la padrona sappia questo – sta’ tranquilla e non farne parola [lett.: taci parola].

Nutrice:     O figli, sentite come si comporta (vostro) padre con voi [lett.: quale è il padre verso di voi]? Che crepi davvero!… No, infatti è il mio padrone; ma certo è manifestamente [lett.: è colto in flagrante ad essere] malvagio verso i (suoi) cari.

Pedagogo: E chi non (lo) è tra i mortali? Te ne accorgi [lett.: sai questo] adesso, che ognuno ama più se stesso del (suo) prossimo, alcuni giustamente, altri invece anche per guadagno, se il padre non ama questi a causa della nuova sposa [lett.: per il letto]?

Nutrice:     Andate in casa – andrà infatti (tutto) bene [oppure: sarà bene] –, o figli. Ma tu tienili il più possibile lontani [lett.: tieni avendo isolato costoro] e non farli avvicinare alla madre esacerbata. Già infatti la vidi trasformata in toro nello sguardo verso costoro, come se desiderasse far (loro) qualcosa (di male); e non deporrà l’ira, (lo) so per certo, prima di essersi abbattuta su qualcuno...; che almeno faccia [lett.: possa almeno fare] qualcosa contro dei nemici e non contro amici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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