Studenti Miei

Latinovivo

 

 

E’ una delle novelle più famose delle Storie di Erodoto. Essa è giunta a noi in numerose versioni che ne confermano il successo ed è raccontata anche dalla protagonista femminile del film “Il paziente inglese”. Noi riportiamo qui il racconto di Erodoto e quello, probabilmente più antico, tratto dalla Repubblica di Platone, quest’ultimo reso più affascinante dall’alone di magia che lo circonda. 

 

Gige e Candaule

(Erodoto, Storie 1. 8-12)


Questo Candaule, dunque, era innamorato di sua moglie; e, nell'esaltazione dell'amore, credeva di possedere la donna di gran lunga piú bella di tutte.Convinto di ciò, dato che fra le guardie del corpo c'era un certo Gige, figlio di Dascilo, che godeva in modo particolare la sua simpatia, a lui faceva le sue confidenze sugli affari piú seri; e, fra l'altro, anche sulla bellezza della moglie, che esaltava oltre ogni dire.Ma era proprio destino che Candaule dovesse finir male: dopo un po' tenne a Gige questo discorso: “O Gige, poiché ho l'impressione che tu non mi creda quando ti parlo della bellezza di mia moglie (in effetti gli uomini prestano meno fede a quello che odono, in confronto a quello che vedono), fa’ in modo di vederla nuda”.Ma quello, alzando grida di protesta, esclamò: “O signore, quale discorso dissennato mi vai facendo tu, che mi inciti a guardare nuda la mia signora? Insieme con la veste la donna si spoglia anche del pudore. Già da antico gli uomini hanno trovato precetti di saggezza, dai quali giova trarre ammaestramento; uno di essi è che ciascuno volga lo sguardo a ciò che è suo. lo sono convinto che essa è la piú bella di tutte le donne e ti prego di non chiedermi delle cose disoneste”.Con tali ragioni egli tentava di schermirsi, temendo che gliene dovesse derivare qualche malanno.
Ma quello replicò cosí: “Fatti animo, Gige; e non temere né di me, per paura che ti faccia questa proposta per tentarti, né di mia moglie, al pensiero che te ne possa venire del danno; poiché tutto io combinerò in modo che nemmeno s’avveda di essere da te osservata. Infatti, ti farò entrare nella stanza dove passiamo la notte e ti collocherò die­tro un battente della porta che si apre; subito dopo che io sarò entrato, verrà anche mia moglie per coricarsi. Vicino alla porta di entrata c’è una sedia e su questa essa deporrà gli indumenti, a uno a uno, man mano che se li toglie di dosso e tu potrai contemplarla con tutta tranquillità. Quando, poi, dalla sedia si dirigerà verso il letto e tu ti troverai alle sue spalle, abbi cura che essa non ti veda mentre te ne andrai attraverso la porta”.Sicché Gige, visto che non poteva avere scampo, era disposto a ubbidire; e Candaule, quando gli parve giunta l'ora d’andare a dormire, lo introdusse nella stanza da letto: subito dopo ecco anche la moglie e mentre essa entrava e deponeva i suoi vestiti Gige la contemplava. Poi, quando la donna, accostandosi al letto, gli volse le spalle, di soppiatto se ne uscì; ma mentre se ne andava essa lo scorse. Pur comprendendo quello che il marito aveva combinato, non si mise, però, a strillare per la vergogna, né fece mostra di essersene accorta, ma nell’animo meditava la vendetta contro Candaule: per i Lidi, infatti, come pure, in generale, per gli altri barbari, essere visto nudo, anche per un uomo, è cosa che procura grande vergogna.Per il momento, dunque, senza dare a veder nulla, se ne stette cosí, quieta; ma non appena fu giorno, messi sull'avviso quelli dei servi che vedeva esserle particolarmente devoti, fece chiamare Gige.Questi, convinto che la regina nulla sapesse di quanto era avvenu­to, si presentò all'invito, poiché anche prima era solito recarsi da lei quando la regina lo chiamava.Quando, dunque, Gige arrivò, la donna gli disse: “Ora, Gige, delle due vie che ti si presentano, lascio a te scegliere quella che vuoi seguire: o, ucciso Candaule, ti prendi, insieme con me, anche il regno dei Lidi; oppure tu stesso, qui subito, devi morire, affinché, in tutto ligio a Candaule, non abbia per l’avvenire a veder piú ciò che non si deve. Poiché bisogna pure che scompaia o lui che ha combinato questo tranello, o tu che mi hai vista nuda e hai fatto ciò che non è lecito”.Gige per un poco rimase sbalordito ad ascoltare ciò che gli si diceva; ma poi si mise a scongiurarla di non metterlo nella necessità di dover fare una tale scelta. Siccome, però, non riusciva a piegarla e vedeva che era assolutamente necessario o uccidere il suo signore o essere egli stesso ucciso da altri, scelse di sopravvivere. Quindi le rivolse questa domanda: “Poiché mi costringi a privare della vita il mio padrone, contro mia voglia, suvvia, che io sappia in qual modo potremo mettere le mani su di lui”.Ed essa di rimando disse: “Dal medesimo luogo partirà l’insidia donde anche egli mi ha fatto apparire nuda; lo si colpirà mentre è immerso nel sonno”.Quando si furono accordati sulle modalità dell’insidia, sopraggiunta la notte, Gige (dato che non lo si lasciava libero, né vi era alcuna via di scampo, ma bisognava proprio che morisse lui o uccidesse Candaule) seguí la donna nella stanza da letto. Essa, dopo avergli messo in mano un pugnale, lo nascose dietro la stessa porta; e, piú tardi, mentre Candaule riposava, Gige, sbucato fuori dal nascondiglio e uccisolo, divenne padrone della moglie di lui e del suo regno.  

L’anello di Gige

(Platone, Repubblica 2. 359c-360b)

Gige era pastore alle dipendenze del principe che governava allora la Lidia (= Candaule). Ora, in seguito a un nubifragio e a una scossa tellurica la terra si squarciò per un certo tratto producendo una voragine nel luogo dove egli pascolava l’armento. A quella vista, pieno di stupore, discese nella voragine e oltre alle meraviglie di cui narra la fiaba scorse un cavallo bronzeo, cavo, provvisto di aperture. Vi si affacciò e vide giacervi dentro un cadavere di proporzioni, a quanto pareva, sovrumane, senza nulla addosso se non un aureo anello alla mano. Glielo prese e se ne tornò fuori. Quando, come di consueto, si fece la riunione dei pastori per inviare al re il rapporto mensile sulle greggi, si presentò pure lui con l’anello. Ed ecco che, mentre se ne stava seduto insieme con gli altri, girò per caso il castone dell’anello verso la propria persona, dalla parte interna della mano, e con ciò divenne invisibile a quelli che gli erano seduti accanto, sì che discorrevano di lui come se se ne fosse andato. Ed egli se ne meravigliava e continuava a gingillarsi con l’anello, finché ne girò il castone dalla parte esterna; e con ciò tornò visibile. Ripensando al caso, seguitò a fare prove con l’anello per controllarne questo potere e gli succedeva ogni volta di diventare invisibile se girava il castone verso l’interno, visibile se verso l’esterno. Come se ne rese conto, sùbito brigò per essere uno dei messi da inviare al re e quando giunse da lui, gli sedusse la moglie e con il suo aiuto lo assalì e l’uccise. E così conquistò il potere.