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Annibale è costretto a lasciare l'Italia
Livio, 30. 20 passim
Ed ecco la traduzione letterale
Si dice che digrignando i denti, gemendo e a stento frenando le lacrime, ascoltò le parole degli ambasciatori. Dopo che (gli) furono riferiti gli ordini, disse: “Mi richiamano non più ambiguamente ma apertamente, essi che, vietando che mi venissero mandati rinforzi (lett.: un rinforzo) e del denaro, già da tempo, volevano farmi tornare. Non il popolo romano dunque, tante volte sbaragliato e messo in fuga, ha vinto Annibale, ma il senato cartaginese, con le sue denigrazioni e con l’invidia. E Publio Scipione non esulterà né si glorierà del disonore di questo mio ritorno tanto quanto Annone, che ha oppresso la nostra casa con la rovina di Cartagine, dal momento che non ha potuto (farlo) con un altro sistema.” Raccontano che raramente qualcun altro, lasciando la patria per andare in esilio, se ne andò tanto triste quanto Annibale mentre usciva dalla terra dei nemici; si voltò spesso a guardare le spiagge dell’Italia, accusando sia gli dèi sia gli uomini, avendo lanciato maledizioni anche contro se stesso e il suo stesso capo, poiché non aveva condotto a Roma le sue truppe insanguinate dalla vittoria di Canne; Scipione, che da console non aveva visto il nemico cartaginese in Italia, aveva osato andare contro Cartagine: egli, dopo aver ucciso centomila armati al Trasimeno e a Canne, era invecchiato vicino a Casilino, Cuma e Nola. Accusando e deplorando queste cose, fu strappato dal lungo possesso dell’Italia.
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